lunedì 31 gennaio 2011

Il mondo di oggi

Ciao a tutti i lettori, torno a scrivere perchè ho letto un altro pezzo troppo bello, sempre preso dal libro "Tutta colpa dei genitori"... talmente bello che lo volevo condividere con voi.

DEL GENITORE CHE RIFLETTE
Piano a tirare un respiro un respiro di sollievo.

"Riflettere" qui va inteso non come "pensa", "pondera", "considera", "valuta attentamente". Non come attività mentale, ma come atto squisitamente materiale: "riflettere" come "rispecchia", "riproduce", "rinvia". Come una luce, o un suono, riprenditi al luogo da cui si sono mossi.

In questo senso, di genitori che riflettono è piena la società. Purtroppo, mi viene da aggiungere. Perchè ciò che essi riflettono tanto abilmente è il grado di malessere da cui la società è colpita.

Eppure, a guardarla da fuori e soprattutto a confrontarla con quella di un passato anche recente, essa appare come la più evoluta, agiata, benestante e realizzata. Non ci sono guerre (almeno non nell'orto di casa nostra), non siamo alla fame (sebbene presto potremmo tornarci), siamo circondati da beni di lusso che ci concediamo anche quando non è del tutto certo che possiamo permetterceli: poche, pochissime le famiglie in cui si conta un'auto solamente, pochi, pochissimi gli individui che vivono senza televisione e il resto del corredo elettrico ed elettronico, assolutamente nulli i giovani privi di cellulare, rari i nuclei familiari che non si concedono periodiche vacanze, sempre meno numerose le persone sprovviste di guardaroba griffato. Per garantirci la conservazione di un tale livello di esistenza, lavoriamo come ciuchi e corriamo come levrieri. La nostra vita è una corsa forsennata dal momento in cui la maledetta sveglia ci strappa al sonno e ci nega il diritto umano al risveglio biologico fino al momento in cui crolliamo sulla medesima casella, quella dell'inizio. Pedine di un interminabile gioco dell'oca, nel corso delle ventiquattro ore un bombardamento costante e insistente di manovrate sollecitazioni ci convince che tutto ciò che abbiamo è ancora troppo poco, che si può avere di più, quindi si deve. E se per averlo sarà necessario potenziare la corsa, la potenzieremo.

Naturalmente, quando si parla di avere di più, s'intende più cose. Più "roba", per usare una parola cara non solo a Giovanni Verga. Di quello che "roba" non è, diciamoci la verità, c'importa poco.

C'è un pianeta che strabocca di rifiuti, che annega nel sudicio, soffoca di un calore innaturale che abbiamo causato noi a suon di frigoriferi, tubi di scappamento, spray e ciminiere. Vabè, ma noi c'abbiamo da mangiare, da conservare i cibi, da viaggiare, da produrre: non c'abbiamo mica tempo per stare a pensare anche al pianeta.

C'è una qualità nei rapporti umani che non è mai stata tanto bassa e volgare, e c'è un'indifferenza nei confronti dei bisogni altrui che inorridirebbe un ruvido bestione neanderthaliano. Ho capito, ma noi andiamo di fretta, abbiamo mille questioni da affrontare, mille urgenze personali a cui dare soluzione: mi spiace, non trovo uno scampolo di tempo per passare del tempo con te, anche una telefonata mi starebbe stretta. Se trovo un minuto ti scrivo una mail.

E in tutto questo quadretto aberrante c'è un vuoto d'affetti, e c'è una crisi d'identità, e c'è una mancanza di certezze, e c'è un buio di prospettive future che stordisce, quando si trova un attimo per pensarci: vabè, ma io faccio un figlio, me lo metto accanto, lo pongo allo stesso mio livello, lo tratto da adulto così ci parlo di tutto e non mi sento più sola, me lo porto appresso anche nei luoghi che non si addicono a lui, lo spedisco a scuola e mi aspetto che realizzi tutti i miei sogni irrealizzati, lo iscrivo a mille attività e aspetto che primeggi in tutte, lo faccio correre di fianco a me, ai miei ritmi, alla mia velocità, e se non tiene il passo vado a bussare alla porta della maestra, del professore, dello psicologo, del neuropsichiatra, perchè evidentemente è difettato, si sta per rompere, va messo subito a posto, e loro devono aiutarmi.

L'immagine suona apocalittica, ne convengo.

Per questo convegno anche con Franco Battiato quando canta quella frase semplice, quella frase sola, breve, scarnificata. Rivoluzionaria.

"Ci vuole un'altra vita".