sabato 24 dicembre 2011

Se il Natale non è così dolce

Forse è solo un caso, ma comunque conforta vedere la fuga di massa che si sta registrando nelle sale dai Cinepanettoni.

Come se gli italiani si fossero improvvisamente ribellati all'immagine flautolente che, da anni, ne danno De Sica, i Vanzina e Neri Parenti.

Forse è un caso, ma anche il Grande Fratello fa ascolti come un programma dell'Approdo, gli show della D'urso e di Signorini hanno avuto lo share poco sopra al nonoscopio mentre Corona è evaporato come un tavernello stappato.

Anche in libreria si guarda con distacco alle strenne di Vespa mentre i libri di Crepet e di Raffaele Morelli vengono usati per la loro funzione naturale: fa smettere i tavoli di ballare.

Sembra quasi che il Paese, devastato dalla crisi, abbia d'un tratto deciso di sbarazzarsi della fuffa.

Forse non è un caso. "Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori" cantava De Andrè. Che è un modo poetico per dire come dal peggio nascono le cose belle.

Autorizzando a sperare che dal letame etico di questi tempi possa germogliare un'Italia migliore, meno superficiale e meno avida.

E' il miglior augurio di Natale che possiamo farci.

lunedì 28 novembre 2011

Giusto portare a 65 anni la pensione delle donne

L'aumento dell'età pensionabile delle donne, inserita in un contorto provvedimento che mira a salvare l'Italia dalle fiamme dei mercati, sembra a prima vista una misura affrettata e disperata. Ma è in realtà una misura dovuta da troppo tempo, che mira a correggere una vistosa smagliatura del sistema pensionistico.

L'aumento dell'età pensionabile, per donne e uomini, è una risposta ragionevole e leggittima ai problemi posti da quella che è essenzialmente una buona notizia: la vita umana si allunga. Quando il Cancelliere Bismarck introdusse le pensioni pubbliche in Germania nella seconda metà dell'Ottocento, l'età pensionabile era di 60 anni, pur se la vita media non superava i 50. Le pensioni, insomma, erano riservate a pochi e robusti vecchi. E la previdenza era, almeno all'inizio, un buon affare per gli Stati: i lavoratori contribuivano tutti, ma i benefici andavano a pochi.

Oggi, con la speranza di vita vicina agli 80 anni, un Bismarck redivivo stupirebbe nel costatare che i suoi nipotini nei governi hanno, almeno fino a pochi anni fa, lasciato l'età di pensionamento vicina al livello del suo tempo, pur in presenza di un cospicuo aumento della vita media.

Insomma, la soluzione di buon senso al nodo invecchiamento/pensioni è la seguente: se la gente vive più a lungo, allora che lavori più a lungo. Ma forse neanche questa conclusione è corretta. In un'ottica autenticamente liberale, l'età pensionabile non dovrebbe essere nè alta nè bassa. Dovrebbe semplicemente essere libera. Appartiene alla sfera privata dell'individuo decidere come dividere la sua vita fra lavoro e riposo.

Le pensioni d'anzianità italiane non sono da condannare perchè vi sia qualcosa di immorale nell'andare in pensione presto. Sono da condannare perchè danno a chi ne beneficia molto di più di quel che ha versavo. Per questo è stato creato il sistema contributivo: questo sistema fa sì che il lavoratore, quando va in pensione, abbia quel che ha versato. Se vuole andare in pensione presto avrà di meno, se vuol andare in pensione tardi avrà di più, secondo parametri noti. E se nel frattempo la vita media aumenta ancora, le condizioni di pensionamento ne terranno conto.

In tutto questo si inserisce un problema di genere, nel senso del genere femminile. Nel mondo ci sono molte regole, pratiche e istituzioni che discriminano le donne, e alcune contro-regole - per esempio le quote rosa - sono state introdotte per correggere queste discriminazioni. Ma in Italia c'era anche una discriminazione all'incontrario, cioè un ingiustificato trattamento di favore, a favore, appunto, delle donne: le condizioni di accesso alla pensione. In effetti, c'era un doppio trattamento di favore. Il primo stava nel fatto che le donne andavano in pensione prima degli uomini. Il secondo sta nel fatto che le donne in media vivono più a lungo degli uomini, e quindi ricevano un monte pensioni più alto: la loro vita residua è più elevata. Anche se andassero in pensione alla stessa età degli uomini, godrebbero della pensione più a lungo. E' praticamente impossibile, e probabilmente costituzionalmente indiffendibile, eliminare questo secondo trattamento di favore, ma il primo può essere corretto. Per le lavoratrici del settore pubblico questa correzione, sotto il pungolo di una condanna dell'Unione europea è stata fatta. Per le donne che lavorano nel settore privato le misure di Ferragosto stabiliscono una graduale equiparazione - a 65 anni, con aumenti dell'età pensionabile scaglionati, per un totale di 60 mesi, fino al 2028 - all'età pensionabile degli uomini. Aumenti che si sommeranno a quelli derivanti dall'indicizzazione dell'età prevedibile innalzamento della vita media.

Certamente le aspettative legittime o i diritti acquisiti di quante contavano di andare in pensione a una certa data saranno intaccati. Ma può essere consolante sapere che queste misure sono graduali (partiranno dal 2016) e vanno a togliere vantaggi non equi.

mercoledì 16 novembre 2011

La concorrenza dei Paesi low cost

Nella nostra capacità di lavoratori o imprenditori dobbiamo fare i conti con altri lavoratori e altri imprenditori: quelli dei Paesi low cost che ci fanno concorrenza più o meno leale. Che cosa fare? C'è chi vorrebbe tornare al protezionismo, eirgendo quote o dazi: una scelta che la storia ha dimostrato perdente, e che soffre di qualche eccezione solo quando una nazione è agli albori dello sviluppo e vuole favorire industrie nascenti. Tuttavia, non ci si può nemmeno limitare a registrare i danni e magari, se si vuole essere altruisti, congratularsi con lavoratori e imprenditori dei Paesi più poveri del nostro che stanno uscendo dalla povertà esattamente come facemmo noi in periodi lontani della nostra storia: lavorando e producendo e offrendo al resto del mondo merci e servizi con un rapporto vincente fra prezzo e qualità. Possiamo fare qualcosa di più: se quel che produciamo viene scalzato dalla concorrenza dobbiamo produrre qualcosa di diverso, innovare i modi di produrre e i prodotti stessi.
Quel che succede è già successo in passato, la storia economica del mondo è da sempre scandita da "passaggi del timone" fra Paesi emersi ed emergenti: la concorrenza è un processo di creazione e distruzione, ma la distruzione può essere creativa. Quando parliamo di concorrenza dei Paesi low cost parliamo di concorrenza di prezzo. Ma questa è solo una parte di quel che succede nell'arena dei mercati.
Ascoltiamo un grande economista, Joseph Schumpeter: "Appena la concorrenza sulla qualità e sui servizi al cliente viene ammessa nei sacri recinti della teoria, la variabile-prezzo scende dal suo piedistallo. Nella realtà del capitalismo, in quanto distinta dall'immagine che ne danno i libri di testo, non è la concorrenza sul prezzo che conta. La competitività è quella che viene dal nuovo prodotto, dalle nuove tecnologie, una competitività che determina un vantaggio decisivo di costo o di qualità, e che non opera al margine; minaccia non tanto i profitti o le quantità prodotte ma le fondamenta stesse, la vita stessa delle imprese. E' di tanto più efficace della concorrenza di prezzo un bombardamento è più efficace dello scasso di una porta."
Molti obietteranno che cambiar pelle, per imprese e lavoratori, è più facile a dirsi che a farsi, ma non ci sono alternative. Tanto più che la concorrenza dei Paesi low cost non è in gioco a somma perdente. Questi Paesi, che all'inizio ci fanno concorrenza su quei prodotti - per la persona e per la casa - che erano e sono uno dei nostri punti di forza, quando diventano più ricchi diventano anche mercati di sbocco per le nostre esportazioni. Esportazioni che in effetti stanno crescendo fortemente verso quelle aree. Se quindi saremo capaci di cambiare i nostri mix produttivi e di offrire beni di qualità più elevata, troveremo ad accoglierci mercati molto più vasti di prima.
Come lavoratori, allora, dobbiamo essere pronti a cambiar lavoro, perchè fare sempre la stessa cosa non è più possibile. Un tempo, nella vita lavorativa, c'era prima un periodo di studio, dopodichè si entrava nel mondo del lavoro dove si rimaneva fino alla pensione. Non è più così. Studio e lavoro ci accompagnano lungo tutta la vita attiva, perchè può essere necessario acquisire nuove professionalità e nuovi saperi. E lo Stato deve offrire i mezzi per una formazione continua, così da lubrificare il passaggio di risorse umane da settori in declino a settori in espansione.

martedì 15 novembre 2011

La cura pensioni chiede tempo

E' sulla questione delle pensioni che l'Italia esibisce uno dei tanti paradossi che segnano la nostra convivenza.

E' diventato quasi proverbiale lamentare il peso delle pensioni sulla nostra finanza pubblica. E a guardare i grandi numeri questa lamentela è certamente fondata. La spesa per le pensioni in rapporto al valore di quel che viene prodotto in Italia (Pil) è la più pesante in Europa. Ed è così da molto tempo. A prima vista, sembra quindi giusto, quando diventa inevitavile agire sulla spesa, colpire le pensioni. Ma come si concilia questo grosso peso della spesa pensionistica con l'esistenza di tante pensioni di importo esiguo? Si concilia perchè nel passato le pensioni sono state usate a scopo assistenziale, concedendo vitalizi anche a chi aveva lavorato poco a chi si trova in particolari condizioni: non a caso, sempre guardando ai confronti internazionali, la nostra spesa per pensioni è record, ma la spesa sociale complessiva è bassa: segno che quella parte della spesa sociale - assistenza, sanità ... - che non riguarda le pensioni è particolarmente modesta.

Ma veniamo al paradosso. Prorprio perchè la spesa per pensioni è un fardello pesante, già da vent'anni tutte le manovre di contenimento della spesa hanno cercato di stringere sulle pensioni. Certamente, non si può ridurre quelle già in essere. Si può agire al margine, riducendo privilegi e benefici per i pensionandi futuri. E questo è stato fatto, al limite dell'ingiustizia. Per esempio, l'Italia è l'unico Paese dove le pensioni non sono pienamente indicizzate ai prezzi. Negli altri Paesi, o sono indicizzate ai salari (come era in Italia prima della riforma Amato del 1992) o sono indicizzate al costo della vita. E la manovra recentemente approvata ha ulteriormente limitato questa indicizzazione. Inoltre, abbiamo innalzato l'età pensionabile; questa è una misura sacrosanta: se si vive più a lungo, si può anche lavorare più a lungo, altrimenti, con l'allungamento della vita si finisce col ricevere dalla pensione - che è un salario differito! - molto di più rispetto ai contributi che abbiamo versato. E abbiamo anche, correttamente, indicizzato l'età di pensionamento agli anni medi residui (speranza di vita). Riforme, queste, scaglionate fra il 1992 e il 2009, che sono un modello per il resto dell'Europa (come ha riconosciuto una recente analisi dell'Economist). Uno studio della Commissione europea conclude che, malgrado l'invecchiamento della popolazione, la spesa per pensioni in rapporto al Pil diminuirà in Italia, sia pure di poco, mentre aumenterà, per quasi 3 punti di Pil, negli altri Paesi dell'euro.

Il paradosso quindi sta nel fatto che per la spesa pensionistica siamo gli ultimi della classe se guardiamo alla situazione in essere, e i primi della classe se guardiamo al futuro. Naturalmente, la consolazione è magra, perchè vuol dire che chi andrà in pensione avrà trattamenti molto più ridotti rispetto a quelli goduti dai padri o dalle madri. Chi è già in pensione non potrà contare su un pieno adeguamento ai prezzi (questo rimane solo per le pensioni minime), e chi ancora ci deve andare ci andrà più tardi e riceverà di meno rispetto al passato (anche se godrà della pensione per un tempo più lungo, dato l'allungamento della vita). A tutti questi sacrifici si potrebbe ovviare se l'economia italiana riprendesse a crescere (sarebbe più facile risparmiare per una pensione integrativa). Ma questo è un altro problema.

lunedì 14 novembre 2011

Perchè le banche sono solide

"Perchè continuare ad assaltare le banche?" chiese un giorno un severo giudice americano a un pregiudicato che era stato catturato dopo l'ennesima tentata rapina. "Vostro onore" fu la risposta del pregiudicato "perchè lì ci stanno i soldi". La risposta non fa una grinza ma è d'uopo ricordare che i soldi che stanno in banca non sono della banca ma sono nostri. Letteralmente, i nostri soldi - a parte gli spiccioli che siamo abituati a tenere in portafoglio - stanno nelle banche, sia sotto forma di depositi che sotto forma di custodia di titoli, per non parlare di gioielli o vasellame d'argento, che alcuni tengono nelle cassette di sicurezza.

E' comprensibile quindi che in tempi di crisi il pensiero corra alle banche.

Non ci preoccupa la sorte dei banchieri, ci preoccupa piuttosto la sorte dei nostri soldi. Che cosa minaccia oggi le banche?

Ieri - era la fine del 2008, quando scoppiò la crisi finanziaria internazionale - le banche, non solo in Italia ma nella maggior parte del mondo, erano nell'occhio del ciclone. Perchè? Per due ragioni: molti istituti bancari avevano comprato a man bassa molti titoli ad alto rendimento, che si erano rilevati poi fragili e invendibili: le famose obbligazioni "sintetiche", che avevano dentro, variamente reimpacchettati e infiocchettati, quei mutui subprime concessi a destra e a manca senza preoccuparsi della solvibilità del debitore.

La seconda ragione sta nel fatto che molte banche avevano infranto la regola d'oro del buon banchiere: far combaciare le scadenze. Cioè a dire, se la tua provvista di fondi è solida e stabile, presta pure a breve o a lunga; ma se ti provvedi di fondi a breve, presta solo a breve, non a lunga. Altrimenti, se i mercati del danaro all'ingrosso (fondi monetari e altri) dove ti sei rifornito non ri rinnovano le linee di credito e tu hai prestato quei soldi a lungo termine, hai dei problemi.

Fortunatamente per l'Italia, le nostre banche non avevano in pancia grandi quantità di quelle obbligazioni traballanti e dotate di una certa saggezza contadina, avevano rispettato la regola d'oro di cui sopra.

Oggi i dubbi sullo stato di salute delle banche non vengono dalle ragioni di ieri: la lezione della Grande crisi finanziaria mondiale è stata imparata. I dubbi vengono piuttosto dal fatto che le banche hanno in pancia grandi quantità di titoli dei Paesi in bilico (Grecia, Irlanda, Portogallo) e, se quei titoli non vengono rimborsati, le banche soffrono grosse perdite.

Le banche italiane hanno una esposizione limitata verso quei Paesi, ma, naturalmente, hanno invece in pancia molti titoli di Stato italiani. Per questo, nel momento in cui i mercati esprimono dubbi sui nostri titoli e ne abbassano il valore, le banche soffrono, e noi soffriamo con loro. Tuttavia, per le ragioni dette ieri, quei dubbi non hanno ragione di essere. Le banche italiane sono solide, e le nostre finanze pubbliche, anche se un po' acciaccate, stanno in fondo meglio rispetto a quelle di tanti altri Paesi.

Mette conto a questo punto ricordare che la vera ricchezza di un Paese non sta tanto nell'oro detenuto dalle Banche centrali o nei titoli; la vera ricchezza sta nelle risorse naturali, nel capitale umano, nella voglia difare e di intraprendere, nella solidità delle istituzioni, nella coesione del tessuto sociale, nella capacità tecnologica, nella qualità del sistema educativo... Cerchiamo prima di tutto queste cose e, allora, come dice il Vangelo, "tutto il resto vi sarà dato".

domenica 13 novembre 2011

Niente panico da conti pubblici

Nei giorni bui dell'autunno 2008, fra la gente in coda al supermercato si sentivano voci angosciate "Devo ritirare i denari dalla banca?", "e dove li metto?", "devo vendere i bot?", "mi toglieranno più soldi dalla busta paga?".

Siamo tornati a quelle giornate convulse? Le risposta breve è "no". La crisi che ci troviamo a vivere è una crisi seria, ma non ha molto a che vedere con la Grande recessione che si dispiegò tre anni fa. Tuttavia, è importante prima di tutto capire la natura di questa crisi. Se non si capisce quello che succede ci arrocchiamo in difesa. Cosa facciamo quando entriamo in una stanza buia? Prima di tutto, ci fermiamo: non andiamo nè avanti nè indietro. Il comportamento è razionale: non possiamo inoltrarci nel buio, rischiamo di farci male. Ma quello che è razionale per ognuno di noi diventa pericoloso per noi come comunità: se tutti si fermano, rimandano le spese, non mettono mano al portafoglio, allora i soldi non circolano più, l'economia si ferma e torna la recessione.

Diventa allora necessario spiegare quello che è successo. Vediamo di rispondere a due domande.

Perchè l'Italia si trova nell'occhio del ciclone? Forse perchè i conti pubblici italiani vanno male? No, i conti pubblici non vanno affatto male, e bastano alcune cifre per rendersene conto. L'anno scorso l'Italia ha registrato un deficit pubblico pari al 4.5% del nostro prodotto nazionale (Pil), e quest'anno il deficit scenderà al 3,9% (i dati dei primi sei mesi confermano il miglioramento). In ambedue i casi si tratta di disavanzi minori rispetto all'Eurozona. E questa è la ragione per cui, malgrado il nostro debito pubblico (una triste eredità del passato) sia molto elevato, i mercati ci avevano lasciati in pace. Gli occhi erano puntati su altri Paesi (Grecia, Irlanda, Portogallo) e l'Italia venica considerata, una volta ogni tanto, affidabile. Tutto è cambiato quando, dopo la sconfitta alle elezioni amministrative, il Governo si è indebolito: i mercati hanno avuto paura che la mano ferma che aveva finora retto il timone delle nostre finanze pubbliche avrebbe cominciato a traballare, e il deficit non sarebbe più stato tenuto sotto controllo.

D'accordo, ma sono giustificati questi timori? I fatti finora ci dicono di no, questi timori non sono giustificati. Nei momenti difficili gli italiani sanno mettere da pare le ostilità, e maggioranza e opposizione si sono messe d'accordo per far passare una manovra di correzione dei conti. Si può criticare questa manovra, ma in ogni caso si tratta di una stretta che mantiene il bilancio pubblico in zona sicurezza. E non è solo a livello parlamentare che si nota una maggiore unità di intenti. Anche a livello dei corpi intermedi - Sindacati e datori di lavoro - vi è stato uno storico accordo sui contratti e, su questo cruciale articolo della pace sociale, si è sotterrata l'ascia di guerra.

Ciò detto, la crisi non è finita. Molti ostacoli devono ancora esser superati e molte leggittime preoccupazioni ancora turbano i cittadini.

mercoledì 12 ottobre 2011

Finalmente i video!!

Finalmente dopo tanto tempo sono riuscito a mettere in rete i video dell'estate (sì, proprio così... i video, perchè sono più di uno).

Mi ci è voluto un mese di lotta contro i diritti di copyright (e un computer fuso), ma ce l'ho fatta, e adesso la missione di rendere tutto visibile agli altri è terminata.

In questo post però voglio solo riportare il mini-video, che è una sorta di riassunto degli altri due pubblicati, che vi invito comunque a vedere su youtube (lì ci sono tutte le foto e in pratica tutti i tormentoni dell'estate).

martedì 11 ottobre 2011

In tempi di crisi bisogna tagliare le inefficienze?

Rieccomi sul blog per una profonda (?) riflessione su un avvenimento che è avvenuto tempo fa: lo sciopero degli insegnati e degli studenti.

Come sempre succedono casini, basta vedere i vari scontri, i nuovi murales che spuntano come funghi, sporcizia... tutto al grido di “salviamo la scuola, non le banche” (più o meno si girava su questo discorso).

Io sono sempre stato molto restio su queste manifestazioni studentesche, vedendole come buon pretesto per far forca a scuola in un periodo magari dove c'è rischio compiti – interrogazioni e dove tutto è ancora rimediabile (anche perchè ho le manifestazioni vengono fatte sempre nei mesi di ottobre e novembre, mai ad aprile e maggio, quando non puoi fare più il ganzo e continuare a fare forca se non vuoi ripetere l'anno)... e anche ora la vedo un po' così, forse sbagliando.

Si sente sempre che in tempi di crisi bisogna tagliare sulle spese superflue, sulle inefficienze e mi sono chiesto: “visto che si deve tagliare sulle inefficienze, è giusto tagliare sulla scuola?”.

In effetti in questi ultimi anni, la scuola sta andando a rotoli, un po' per i tagli, ma molto secondo me dipende dal fatto che i giovani che studiano veramente ce ne sia sempre meno, per svariati motivi, non certo per colpa dei tagli.

Infatti, basta pensare alla scuola dei nostri genitori: non penso che le scuole fossero dotate di computer, di aule perfette dove il clima fosse sempre gradevole (intendo proprio il clima meteorologico, visto che ci si lamenta del mancato riscaldamento, oppure dell'acqua piovana in palestra o in classe...) e di tante altre cose... anche la competenza degli insegnanti non penso sia diminuita nel tempo.

Quindi penso che il vero fattore che incide è “la voglia” degli studenti, che ormai pensano ad altro, tranne che a studiare (ovviamente incidano su questo altro tipo di fattori: messaggi che passano in tv, genitori non più in grado di “crescere” la famiglia...).

E arriva la risposta alla domanda “Il settore scolastico è un settore efficiente? No, quindi tagliamo le inefficienze”..

Certo è che forse ci dobbiamo porre un'altra domanda, che va oltre tutto questo: ma in tempi di crisi:
- bisogna tagliare le inefficienze
- o bisogna tagliare dove le cose vanno bene, in modo da dirottare eventualmente alcune di queste risorse nei settori poco efficienti per migliorarli?

Di sicuro per ora nel settore scolastico (e non solo) sembra che sia stata presa in pieno la prima strada. Però ci si potrebbe chiedere: ma se invece di fare i tagli alla scuola, si spendesse di più su tale settore fondamentale per la crescita di ogni paese, sarebbe davvero meglio, visto il panorama italiano?

La mia risposa come sapete è no, perchè sono un po' pessimista sulle capacità dei giovani italiani d'oggi a capire l'importanza dell'istruzione, che viene vista come uno dei tanti passatempi, che però ha la caratteristica di far annoiare.

lunedì 26 settembre 2011

La Cina è vicina. A chi?

Che la Cina non fosse il male assoluto l'ho sempre pensato.

Ho sempre pensato che un sì grande paese potesse rappresentare un'opportunità più che una minaccia a patto che le politiche commerciali tra i due paesi fossero progettate e sviluppate secondo disegni preordinati in un'ottica imprenditoriale di lungo periodo. Il tutto, senza perdere di vista i possibili effetti collaterali, quali i problemi socio-economici che i nostri vicini di Prato stanno vivendo sulla propria pelle.

Il fatto che l'azienda della mia famiglia operi nel settore moda, mi porta a guardare con una sensibilità particolare a questo comparto che ho conosciuto da sempre, nella buona e nella cattiva sorte.

Fatta questa premessa, devo dire che quando sentivo politici di rango parlare della questione, qualche brivido mi correva lungo la schiena. Così quando Prodi invitava ad aprire i nostri porti alle merci provenienti dalla Cina, non era difficile prevedere quello che di lì a poco sarebbe successo: il porto di Napoli inondato di container zeppi di tutto, ma proprio tutto, sotto l'occhio tollerante di funzionari al soldo della malavita organizzata.

E che dire del nostro governatore Rossi che parla più come un console onorario di quella repubblica popolare che come presidente di una regione dove uno dei più importanti distretti industriali (Prato, appunto) ha subìto una devastazione che rischia di culminare in un genocidio socio-culturale...

E' di poco tempo fa: Toscana Promozione e Regione Toscana avevano organizzato una trasferta con il rappresentante dell'Unione Industriale Pratese per valutare l’opportunità per le imprese pratesi di un’eventuale collaborazione con la provincia dello Zhejiang. Il risultato dell'operazione, pagata evidentemente con soldi pubblici, si riassume nel commento lapidario del presidente dell'Unione Riccardo Marini: “Se la missione doveva servire come risposta ai dubbi che avevamo, non ha purtroppo centrato l’obiettivo”.

Le strutture visitate, fa sapere l’associazione pratese, non presentano infatti interesse per le aziende del distretto, in quanto in un ipotetico rapporto di collaborazione “avrebbero ben poco da dare ma piuttosto molto da prendere”. Gli enti di formazione e i laboratori di analisi presi in considerazione mostrano interesse principalmente sulla confezione, allo scopo evidente di colmare un forte gap di tecniche e di competenze, “che è apparso chiaro e significativo dall’esame dei prodotti locali dell’abbigliamento”.

”Probabilmente in Cina esistono poli di eccellenza nel tessile e nella confezione – ha detto Riccardo Marini – ma non sono quelli che hanno fatto vedere alla delegazione toscana: forse la provincia cinese di riferimento non è quella giusta, o magari non lo è stata la selezione delle strutture da visitare”. “Fatto sta – conclude – che la missione è venuta in contatto con realtà incentrate non sul tessile ma sull’abbigliamento e con un profilo tale da non avere nulla da insegnare, ma casomai tanto da imparare”. E conclude “quel che è certo è che non ci possiamo permettere di fare un tutoraggio senza ritorni ai principali concorrenti dei nostri confezionisti. Il know how del distretto, che sia nel tessile o nell’abbigliamento o in qualsiasi altro comparto, non si vende né, tanto meno, si svende”.

Come vedete, siamo alle comiche finali. Addirittura si confonde il tessile con l'industria della confezione. I politici ed i loro tecnici non hanno idea di che cosa si stia parlando. L'importante è andare per il mondo a stringere mani e partecipare a ricchi banchetti, poi se si confondono le lucciole con le lanterne, vorrà dire che il prossimo viaggio consentirà di aggiustare il tiro. Non gli manca (ai politici) né il tempo né i soldi (nostri). Gente cresciuta e formatasi nei corridoi dei partiti o nelle associazioni affiliate e fiancheggiatrici, incapace di distinguere un telaio da una manovra viene designata a guidare le politiche di rilancio della nostra economia regionale.

Questo deve fare paura. Allora sì che la Cina e i Cinesi possono rappresentare una minaccia. Ma non per la loro aggressività, bensì per la nostra inettitudine.

Daniela Simionato

domenica 25 settembre 2011

Compilation estate 2011

Finita l'estate è tempo di bilanci... ma non quelli statali o di aziende. Il bilancio che voglio fare è quello musicale, visto che in estate c'è un leggero proliferare di canzoni che cercano di accaparrarsi il nomignolo di "tormentone".

Ce ne sono stati veramente tanti, ed è veramente difficile scegliere, soprattutto per i gusti che ognuno ha... io in questo post vi consiglio di sentire (e forse merita anche scaricarlo) questa compilation che ho trovato su youtube, veramente di ottima qualità!!

venerdì 23 settembre 2011

Scomparso? No... sono appena ri-tornato

Oh mamma, quant'è che non scrivevo in questo blog (una vita).

Se penso che invece alla fine dell'estate scorsa non facevo altro che scrivere, uno si poteva quasi preoccupare, visto che da quando sono tornato dal mare, non ho scritto niente.

Il motivo del poco scrivere è che il tempo è sempre meno, soprattutto per la vicinanza dell'esame di stato che devo affrontare a breve per l'iscrizione all'albo dei dottori commercialisti.

Poi ci sono sempre le solite cose che riniziano: lavoro e sport vari in primis... ormai oltre ai libri “scolastici” non riesco neanche a leggere gli altro (anche se quello che mi hanno regalato sui portieri per il compleanno l'ho divorato subito... ma ero ancora in una fase embrionale nello studio, quindi avevo un po' più di tempo).

Ri-inizia la stagione invernale in tutti i sensi, è molte cose ad oggi sono rincominciate: come detto il lavoro, il tennis, il calcetto...

Molto tempo poi in questi giorni me l'ha tolto il video che volevo fare dell'estate 2011, ma ormai le tutele del copyright sono talmente diffuse che non si può mettere nessun video in rete... basta che ci sia anche un frammento di una musichetta e BAM ti bloccano il video, peccato che intanto ti fanno fondere il computer che per ore ed ore carica il video. E tanto per avere poco da fare, mi si è davvero guastato per il troppo riscaldamento... menomale tutto è salvo, visto che è bastato cambiare la ram, per un costo complessivo tra ram nuova e intervento di 85 euro, che però (anche lì) avevo la possibilità di risparmiare, perchè il computer era ancora in garanzia, ma purtroppo dovevo portarlo all'Euronics a Prato (d'ora in avanti mi sa che non comprerò più niente fuori Pistoia che abbia una garanzia sopra).

Comunque non mi posso lamentare... il peso corporeo è sotto controllo senza troppi sforzi (avevo preso una brutta strada, con troppi troiai ingeriti), ho passato dei bei momenti in estate, tra i quali festa della birra e croda in darsena tra i più belli... e poi s'è chiuso la stagione con il compleanno della mia sorella, che a questo giro è stato molto meno traumatico dell'anno scorso (vi ricordate il racconto che ho fatto nel blog, con i peggio giri per Firenze?)

A questo giro il compleanno è stato quasi perfetto (e molto simile a quello che era l'idea per il mio compleanno, anche se in un posto diverso): cena-buffet (molto buffet) a casa mia in giardino senza far spendere nulla agli invitati (tra l'altro è stata l'occasione per fare l'ultima rimpatriata con gli amici del mare), con musica di sotto fondo by toccao-deejay (ormai sono un esperto), con torta super per chiudere il cerchio... e poi tutti al Lidò che praticamente chiudeva la stagione estiva.

I problemi non sono mancati:
- poco prima del dolce s'è messo a gocciolare acqua fangosa, quindi mini fuggi-fuggi in casa, per poi tornare fuori con la torta
- arrivati al Lidò c'è toccato tornare indietro perchè nonostante si fosse in 20, non gli andava bene che due avessero i bermuda... quindi praticamente un'ora passata in macchina per fare due volte andata e ritorno.

Comunque bella è stata la girata per il centro di Pistoia tutti insieme prima della trasferta in discoteca, facendo notare che Pistoia non è così male se si sa come vivere la propria città (questo lo dico sempre... un esempio: io alla biciclettata della solidarietà c'ero vestito da bagnino, e mi sono proprio divertito, ma chi di solito si lamenta? Molto probabilmente non c'era, altrimenti cambiava idea).

Mmmm..... c'è dell'altro? Mah, sembra di no, mi sembra di aver scritto abbastanza.

Non so se e quando ritornerò a scrivere su questo blog (visto che tra l'altro sto scrivendo dall'ufficio... cosa che non potrei fare, visto che il capo addirittura non mi fa studiare neanche mezz'ora quando sono a lavoro, figuriamoci scrivere), però ora sapete che sono vivo e vegeto... ci mancherebbe altro :)

Spero che anche tutti voi abbiate passato una buona estate e che la “brutta stagione” sia iniziata nel migliore dei modi, tra impegni e momenti di piacere.

L'importante è non diventare dei poveri comunisti :)

A parte gli scherzi (visto che è sempre citato , non voglio contribuire anch'io a fomentare discussioni su di lui), vi lascio con una frase ad effetto, che spero vi dia forza interiore per chi è un po' giù di morale:


NON importa come parti ma come ARRIVI...Oggi è il primo giorno del tuo futuro.

lunedì 25 luglio 2011

I portieri del sogno

Tornato dal mare, vi voglio riportare un frammento di un libro che mi è stato regalato per il mio compleanno, ovvero "I portieri del sogno - Storie di numeri 1" di Darwin Pastorin (libro che per ora mi sta entusiasmando).

"DINO ZOFF E LA PARATA MUNDIAL

Il mondiale spagnolo del 1982, conquistato dall'Italia al termine di un'avventura prima kafkiana e poi salgariana, è stato raccontato centinaia di volte: quelle sette partite della nazionale sono state viste e riviste, analizzate, radiografate. E così anche chi non visse quell'impresa in diretta è in grado, oggi, di proclamare: "So tutto, e anche di più". Io c'ero. Proprio lì, in terra iberica, giovane inviato del quotidiano "Tuttosport". Una pulce tra tanti giganti della scrittura: Giocanni Aripino, Mario Soldati, Oreste del Buono, Gianni Brera. Furono giorni di nuvole d'ira, di cadute verticali, di offese, di un memorabile riscatto e, infine, di un canto di vittoria innalzato da milioni di italiani estasiati e increduli, tutti sotto la stessa bandiera, tutti vestiti di biancorossoverde. In quel luglio "del nostro contento" si scoprì tifoso della nazionale azzurra persino Mick Jagger, leader dei Rolling Stones, in concerto a Torino.

Ma quali sono stati i momenti più significavivi di quell'impresa?

Rivediamoli ancora una volta.

In primo luogo, la reazione orgogliosa dell'allenatore Enzo Bearzot, che citava a memoria i classici latini e i poeti turchi, e dei calciatori alle dure e spietate critiche della stampa dopo i tre pareggi con le nazionali di Polonia, Camerun e Perù, in verità assai scialbi, nel girone eliminatorio e alle accuse di dolce vita. Gli azzurri inventarono il silenzio-stampa e promisero di vendicarsi sul campo, recuperando Dumas: "Tutti per uno e uno per tutti". L'Italia, passato il turno con il fiatone e nel mezzo della burrasca mediatica, si ritrovò a Barcellona a fare i conti con l'Argentina del giovane diablito Diego Armando Maradona e con il favoritissimo Brasile, la squadra che per talenti, gioco e allegria racchiudeva tutte le meraviglie del possibile e dell'impossibile. Un quotidiano titolò: "A Barcellona cosa andiamo a fare?". E furono, ovviamente, altre liti, altri veleni. D'atra parte, schiacciata dallo strapotere tecnico di argentini e brasiliani, l'Italia, fino a quel punto pallida e assorta, pareva l'ideale agnello sacrificale.

Ma a Barcellona il romanzo di Spagna abbandonò le pagine scure per entrare nei capitoli del mito, dell'apoteosi. E fu l'atre a quel punto a imitale la vita. Gli azzurri superarono l'Argentina 2-1, i biancocelesti vennero sconfitti anche dal Brasile 3-1. Toccava all'ultimo atto, Italia-Brasile, allo stadio Sarrià, decidere la semifinalista. La Seleçao partiva con un vantaggio: si sarebbe qualificata anche con un pareggio, in virtù della migliore differenza reti. Ma i brasiliani cancellarono, sdegnosamente, questa ipotesi: "Noi vogliamo vincere, perchè questo è il nostro modo di essere, quindi di giocare".

In quel pomeriggio del 5 luglio 1982 tutto si consumò: dal rogo della Bellezza alla celebrazione della Determinazione. Caddero gli dèi brasigliani e il centravanti Paolo Rossi, ancora senza gol, il più criticato, il più umiliato, decise di uscire dalla tenda per diventare l'eroe delle ultime battaglie. Patroclo si trasforò in Achille. Sappiamo delle sue tre reti, che resero inutili le prodezze di Socrates e Falçao, sappiamo di una rete ingiustamente annullata a Giancarlo Antognoni, sappiamo del pianto dei verdeoro, di quegli atleti destinati a passare alla storia come la generazione degli sconfitti, sappiamo di essere diventati, per anni, tutti dei paolorossi, perchè così ci chiamavano all'estero riconoscendoci italiani. Ma il 3-2, la vittoria storica, l'inizio della leggenda, tutto questo non ci sarebbe stato senza la parata mundial di Dino Zoff, portiere e capitano della nazionale italiana, 41 anni, da molti dato sul viale del tramonto, più monumento che atleta, storia e non più cronaca. Ora quella parata viene posta in secondo piano dalle saette di Rossi e dal 3-1 in finale, al Santiago Bernabéu, contro la Germania Ovest (con l'urlo di Marco Tardelli, dopo la sua rete, la seconda per gli azzurri, diventano il manifesto di quella competizione). A distanza di anni, voglio ridare a Zoff quel che è di Zoff.

Accadde al '89. A un minuto dal termine. Brasile in attacco: scomposto, furibondo, affannoso, disperato. E come avrebbero sperato in un pari, gli assi verdeoro perduti: altro che estetica portata all'eccesso. Gli azzurri, quel pomeriggio, avevano dalla loro parte un fato amico, ma Eupalla, come Brera chiamava la dea che sovrintende alle cose calcistiche, aveva deciso di offrire ancora una possibilità ai brasiliani. Una sola, l'ultima.

'89. Sessanta secondi alla conclusione. I tifosi italiani non fiatavano, i tifosi avversari non fiatavano, increduli di fronte a quella imminente, rovinosa caduta: proprio noi, i migliori, i più granid, i più belli? Tacevano i tamburi, tacevano le trombe, non c'era più danza, in quell'ottantanovesimo minuto.

Un minuto, un solo minuto, fra il tutto e il niente.

Una punizione dalla sinistra, quasi all'altezza del vertice dell'area di rigore, a favore del Brasile. Alla battuta andò l'ala sinistra Eder. Un tipo particolare, dai molti gol e dalle molte donne. Su un braccio, brillava una cicatrice, ricordo della coltellata di un marito geloso. Eder possedeva un sinistro diabolico, carico di insidie e di effetti, potente. Si avvicinò al pallone nervoso. Aveva fretta, il tempo stava volando, rischiando di portarsi via i sogni, la coppa, le illusioni. L'area italiana era affollata come una spiaggia di Rimini, d'estate. Ansie, spinte, richiami, sudori, imprecazioni, preghiere, sospiri.

Entriamo dentro quell'89°. Eder sa che quello è il tiro decisivo: calciare in porta o buttare la palla nel mucchio? Eder vede arrivare dalle retrovie il difensore Oscar Bernardi. Alto, bello, biondo e di gentile aspetto, forte di testa. Oscar è di chiare origini italiane. Ecco, il colpo di scena. Un figlio di italiani a punire gli italiani. Una beffa cridele, all'ottantanovesimo minuto. Eder sorride. Eupalla si è allontanata solo per qualche attimo. Una semplice distrazione. Il cross dell'ala sinista con la cicatrice sul braccio è perfetto: una parabola che pare teleguidata sulla testa di Oscar Bernardi. Oscar è uno che di gol ne ha sempre segnati pochi: è il difensore centrale, di quelli che si devono occupare delle punte avanzate avversarie. E Paolo Rossi di dispiaceri glene ha già dati tre. Troppi per un brasiliano seppure di origini italiane. Osar vede arrivare quel pallone: ed è un fiore da raccogliere. Basta un gesto, un semplice gesto. In quell'area da bolgia infernale, lui si sente un angelo. La sua elevazione è, come dire, spirituale. L'impatto fronte-pallone è impeccabile. Nemmeno si sente il rumore. Una carezza. E quel pallone è destinato all'angolino basso, alla sinistra di Zoff. Come può arrivare quel portiere di 41 anni? l'89° segnerà anche il passo d'addio di quel campione. Oscar Bernardi osserva la sua conclusione che sta per gonfiare la rete e il cuore dei suoi connazionali. Tutti, in realtà, in quel preciso momento, stanno guardando quella conclusione e quel portiere di 41 anni: la gente davanti alla tv e la gente allo stadio, Bearzot dalla panchina, i poliziotti e i raccattapalle intorno al campo, i venditori di bibite e panini sugli spalti, persino le nuvole si sono fatte curiose. Le nuvole vanno e vengono, ma quella volta, per davvero, si fermano.

Zoff si tuffa sulla sua sinistra. Lui, che non amava tuffarsi. Oscar sta alzando le braccia al cielo, sicuro del gol. Ma le mani di Zoff (diventate, con la coppa in mano, un disegno di Guttuso) fermano il pallone. Sulla linea bianca. I brasiliani provano a urlare: "E' dentro, è dentro!".
Zoff si alza, fa segno di no con la testa. Il pallone tra le sue mani è un bambino che dorme, e sogna. Felice. L'Italia diventerà campione del mondo.

mercoledì 20 luglio 2011

Eventi

Tante cose sono successe dall'inizio di luglio: blues, scampagnate al mare, finali di campionato, nuovi autovelox in tangenziale, amici ritrovati, argentina e brasile fuori dalla coppa america, la manovra finanziaria che non taglia i costi della politica, intercettazioni... davvero un marasma di cose.

E in tutto questo “trambusto” si avvicina il giorno del mio 26° compleanno, che tra molte idee deve cercare di accontentare il più vasto numero di persone.

Oltre a questo è bene fare un brevissimo resoconto di cosa è stato il mio ultimo anno: lo valuto abbastanza positivamente, perché ho acquisito secondo me delle esperienze/conoscenze che mi saranno molto utili per un futuro decisamente in linea con le mie aspettative... certo c'è da migliorare, ma i risultati penso si vedranno a breve, una fra tante il lavoro, con l'esame di stato da preparare (tutto si giocherà nel mese di agosto, a seconda di come e quanto riuscirò a studiare).

Concludo con un ringraziamento a tutti quelli che conosco, che chi più chi meno contribuiscono a comporre il "mosaico" della mia vita.

Grazie a tutti!!

PS. Let's rock (cit.)

lunedì 18 luglio 2011

Solitudine o compagnia?

In questi ultimi due weekend mi sono soffermato molto a pensare su cosa sia meglio: rilassarmi da solo o passare le due giornate in compagnia di amici?

Io sono un amante della “chiusura” quindi come potete immaginare ho passato le ultime due settimane lontano da tutti.

Due settimane fa c'era il blues (ma anche tanto caldo): venerdì sera ho giocato a tennis con un mio amico (partita di merda) e poi mi sono avviato verso il mare, lasciando stare le “sirene” del gruppo che invece è stato ancorato ad uno degli eventi di maggiore appeal di Pistoia.

La conclusione è stata: io solo al mare (famiglia in vacanza e mia sorella in città)! E quando uno si ritrova solo scombussola tutto, soprattutto gli orari di routine (mi sono ritrovato a mangiare il pranzo dopo le 14,30 sia sabato che domenica)... per non parlare della sgranata di soli panzerotti fatta la sera.

Mi sono anche goduto la notte bianca del tonfano, dove lì sì che si sentiva della buona musica a 0 euro, con Radio Bruno che ha proposto i soliti Lost, Stadio, Sonohra, Noemi, Nek, Becucci, Grido... comunque sempre gente che “vende” nel panorama italiano.

Tra le altre cose ho rigiocato così tanto a pallavolo che era da tanto tempo che non mi divertivo così tanto.

Però sono arrivato a dirmi una cosa: sì, dei momenti di solitudine per staccare un po' dal mondo fa bene, ma non è che uno ci può prendere l'abitudine e vivere in definitiva in un mondo parallelo?

Perchè è vero che “La solitudine ci dà il piacere d'una grande compagnia: la nostra”, ma è anche vero questo...
“Cosa significa cercare solitudine? Liberarsi di molte cose, di qualcuno o di te stesso? In effetti hai scoperto che nella solitudine si genera il bisogno di nuova compagnia”.

PS: bada là che frasi che tiro fuori :)

mercoledì 13 luglio 2011

Mezzi pubblici? Meglio la macchina!

SVENIMENTI E ATTACCHI DI PANICO. IN CARROZZA VIAGGIA L'APOCALISSE.
DA PISA A FIRENZE: UNA FOLLA STIPATA NEGLI SCOMPARTIMENTI BOLLENTI

Per essere puntuale, è puntuale. Arriva alle 20,32 spaccate, al binario 8 della stazione di Pisa centrale. Per essere puntuale è puntuale sì, solo che non è un treno: è un carro bestiame senza aria, senza logica e senza spazio con la gente in piedi che ha le guace sui vetri, le valigie che rotolano, le ciabatte che volano via negli equilibrismi vari e i piedi che si pestano. Ma è solo l'inizio. Perchè a Pisa centrale, al binario 8, la domenica sera, non ci sono una ventina di passeggieri in attesa. No, c'è il mondo. Tutti ad aspettare il regionale che in un'ora porta a Firenze Santa Maria Novella. E quel mondo, fatto di venditori ambulanti che tornano dalle spiagge, anziani che rientrano dal mare e fiorentini appena atterrati all'aereoporto Galilei, vuol salire per forza sopra “perchè sennò si torna a casa a mezzanotte”. Sicchè via, pigia. Tutti sopra. Comincia il manicomio. Spinte, insulti, sacchi che rotolano, porte che non si chiudono più.

Dall'esterno si preme, dentro si vocia “Basta, non si respira più”. Passano 12, 13 minuti. Non si partirà mica? Sì, si parte. In apnea. Un'anziana minuscola stretta tra un ragazzo di colore e la porta del bagno (chiuso con un fazzoletto) ha un mancamento. Le passano dell'acqua. Una ragazza sfiora l'attacco di panico: “Non c'è aria, ragazzi, non c'è aria...”. Tra uno scompartimento e l'altro, dove in cinque si sta già stretti, si schiacciano più di venti persone. Pontedera, il primo grande sbarco, sembra non arrivare mai. Dieci minuti, quindici, un caldo infernale, l'unica salvezza è lo spiraglio del finestrino. Un uomo armeggia alla porta scorrevole. Ci mette una vita ad aprirla, scavalca una valigia, travolge una donna, resta in piedi non si sa come e poi chiede del bagno. Lo guardano come un visionario “Magari – gli rispondono – se era aperto ci si metteva in tre a sedere sulla tazza”.

Il treno frena, una valigia scivola addosso a un bambino. Qualcuno prende le borse e le schiaccia contro il soffitto. Sembra una commedia ma non ride nessuno. Pontedera, finalmente. I ragazzi di colore scendono, in pochi salgono. Si sta un po' meglio, ma la situazione resta tesa. “Ci fanno anche pagare per questo schifo”, urla qualcuno. “It's incredible, incredible” sussurra un'americana al marito che le fa cenno di stare zitta. San Miniato, Empoli, Lastra. Ora si rifiata.

“Se il capotreno ha autorizzato la partenza vuol dire che non c'erano rischi per i passeggieri” fanno sapere da Ferrovie. Tutto nella norma dunque? “Sì, la domenica sera, a quell'ora e su quella tratta l'affollamento sul treno è fisiologico. Spesso la gente si accalca in alcune vetture ma non si rende conto che magari più avanti o più indietro c'è posto – ci spiegano ancora -. Chi torna dal mare in autostrada ci mette tre ore, ma non protesta. Il punto critico è tra Pisa e Pontedera, ma alla fine la corsa dura poco. Certo magari si sta in piedi, un po' pigiati, ma non è l'apocalisse”. Forse no ma, ci chiediamo, se qualcuno si fosse sentito male per davvero che sarebbe successo? Non esiste un controllo? Poco dopo le 21,30 il treno arriva a Firenze. “Stazione di Santa Maria Novella, fine della corsa” dice l'altoparlante. “Eh anche perchè più in là se Dio vole non si va”, scherza un anziano. E la tensione se ne va. Così è una domenica sera in treno da Pisa a Firenze.

martedì 5 luglio 2011

Calcio professionistico e dilettanti nell'amministrazione

Tutto nasce da un evento felice, dell'ingiustamente definito "calcio minore", della nostra provincia.

Il Borgo a Buggiano, contro tutti i pronostici, vince uno straordinario campionato di serie D, guadagnando la promozione in Lega Pro Seconda Divisione (già C2).
A quel punto, passata la gioia, subentrano gli oneri che il futuro campionato impone.
Lo stadio di Borgo necessita di interventi importanti di adeguamento, per i quali la Federazione concede una proroga. Ma c'è un'altra richiesta tassativa alla quale la società deve fare fronte: Offrire un proprio secondo campo nella provincia, con le carte in regola per il nuovo campionato, come emergenza, qualora il primo non fosse, per qualche motivo, utilizzabile.

La società richiede a Pistoia la disponibilità dello stadio nella quasi certezza che l'impianto fosse a norma. Al termine di settimane perse dietro ad estenuanti quanto farraginose procedure si giunge ad una verifica della commissione vigilanza.
Vengono rilevate una serie di irregolarità che fanno rigettare la richiesta. Il Borgo a Buggiano, a qualche giorno dal termine ultimo per l'iscrizione al campionato, si trova a sperare nello stadio di Agliana, per il quale non c'è certezza, ma resta l'ultima spiaggia per non rischiare di veder vanificati anni di impegno e successi.

Qui finisce la cronaca e cominciano le riflessioni. Non m' intendo di calcio ma la questione che sollevo è di tutt'altra natura.

Data l'importanza dei rilievi mossi dalla commissione di vigilanza, siamo sicuri che lo stadio ottemperi alle norme imposte anche alla serie minore in cui milita la Pistoiese? Solo qualche mese fa si parlava di speranze di ripescaggio per aspirare alla Lega Pro per la Pistoiese. Ma non erano al corrente i nostri dirigenti e amministratori delle stato di inadeguatezza dell'impianto? Soltanto pochi anni fa sono stati spesi fior di quattrini per la "messa a norma" della stadio. Ma a quali norme è stato adeguato se oggi ci troviamo in questa condizione? Oltretutto, la possibilità di avere a Pistoia una squadra che milita in un campionato Pro, anche soltanto per qualche partita, avrebbe portato qualche potenziale cliente alla sempre più asfittica economia cittadina.

La Pistoiese si trova di fronte ad un futuro incerto per le note vicende che hanno coinvolto il presidente Ferrari. Ora un'altra tegola potrebbe abbattersi sulla società.

L'ennesimo pasticcio di un'amministrazione che fa poco e male, tra approssimazione e incapacità. Dispiace che stavolta a farne le spese sia stata una simpatica e meritevole squadra della nostra provincia per la quale provo sincera ammirazione. Se nessun altro ci ha pensato, come consigliere provvedo a scusarmi a nome del consiglio di cui faccio parte per le difficoltà in cui i nostri hanno messo il Borgo a Buggiano, realtà sportiva e societaria che meritava ben altro trattamento.

Daniela Simionato

lunedì 4 luglio 2011

Prova ad aprire (se ci riesci)

Visto che siamo in periodo di dichiarazioni, vi voglio sollevare una questione che è stato anche oggetto dell'ultima manovra economica di Tremonti: agevolazioni fiscali per i neo imprenditori.

Vi voglio riportare un caso che ho avuto nel mio studio che dimostra come è ancora inefficiente (ed è dir poco) il sistema che dovrebbe agevolare l'entrata nel mercato di nuove aziende.

In particolare, abbiamo un nuovo cliente che ha voluto prendere la partita Iva per poter svolgere l'attività di insegnante privato di chitarra. Visto che è "nuovo" abbiamo optato per il neo regime dei "minimi", un regime che è stato creato ad hoc per i neo imprenditori che hanno piccole dimensioni.

In sostanza questo regime si può applicare agli imprenditori individuali che non superano i 30.000 euro di ricavi nell'anno, non hanno spese per beni strumentali (+ spese di affitto) superiori a 15.000 nei 3 anni. Questi a grandi linee i requisiti.

Vantaggi del regime sono che vendi senza Iva (quindi il nuovo imprenditore può vendere ad un prezzo più basso) e, in sostanza, paga due volte l'anno le tasse, una volta a luglio (saldo e 1° acconto) e a novembre (2° acconto)... STOP!! Tutto molto semplice, come il calcolo delle tasse, che sono il 20% dell'utile dell'anno.

Svantaggi:
- il contribuente minimo continua a comprare con Iva (che non si può scaricare, ma va ad aggiungersi ai costi... e potrebbe anche essere un vantaggio indiretto, visto che quindi va in detrazione ai ricavi),
- non ha le detrazioni come gli altri contribuenti, ovvero non ha le detrazioni per i famigliari a carico, per i lavori di ristrutturazione dell'abitazione privata, spese sanitarie...
Poi ci sarebbero tanti altri svantaggi, ma vi vorrei far vedere il meccanismo perverso di questo regime (che però si può avere anche con i regimi normali).

Allora, passando al mio cliente, ha avuto la partita Iva a fine ottobre e ha dichiarato 960 euro di ricevute (0 costi)... vediamo ora il meccanismo delle tasse italiano, che spezza le gambe ai neo imprenditori.

Come abbiamo detto, dei 960 euro il nostro contribuente deve pagare il 20%.

Si arriva a Luglio e deve pagare il saldo... visto che è il primo anno, non ha nessun acconto versato, quindi a saldo deve dare 960*20%= 192 euro.
Più deve versare un acconto a novembre che è pari al 99% delle tasse che vengono calcolate con quello che hai dichiarato l'ultimo anno, quindi (960*20%) * 99% = 190.08 euro.

Il problema viene con l'INPS!! Infatti l'Inps si prende il 26.72%!! Quindi: 960 * 26.72% = 256.52 euro, che viene arrotondato all'unità, quindi 257 euro.
Anche qui ci sono gli acconti, che sono 80% di quello che è venuto da pagare l'anno prima; quindi 256.52 *80% = 205.21... che viene diviso in due quote, una da pagare insieme a luglio e l'altra metà a novembre.

Facciamo due sommette: quindi il mio cliente paga tra saldo e acconto 192 + 190.08 + 257 + 205.21 = 844.29 euro!!! Ciò vuol dire che dei 960 euro iniziali, se tolgo le tasse gli rimane 115.71 euro.

Ma il meccanismo è ancora più diabolico con il secondo anno.

Infatti, mettiamo che l'anno dopo vada a dichiarare un utile di 10.000 euro.... ecco quando andrà a pagare.
INPS: 10.000 * 26.72% = 2672.00 - acc.to 205,21 = 2466.79 (arrotondato a 2467)
+ acc.to nuovo anno 2672*80% = 2137.60
Imposte: 10.000 * 20% = 2000.00 - acc.to 190.08 = 1809.92
+ acc.to nuovo anno 2000.00 *99% = 1980.00

QUINDI: 2467 + 2137.60 + 1809.92 + 1980 = 8394.52 euro!!!! (ricordo: su 10.000 euro).

Questo meccanismo si interrompe l'anno dopo, dove paghi molto meno perchè gli acconti versati sono già calcolati su un importo "alto".

Questo è il meccanismo folle delle tasse italiane, che porta a far girare una bella fetta di guadagni nelle casse dello stato ed enti pubblici (se ci pensate pago: 20% saldo + circa 20% acconto e 26.72% saldo + circa 26.72% acconto Inps = 20+19.8 + 26.72 + 21.38 = 87.90% in tasse).

Io ho preso questo regime, ma più o meno funziona uguale con gli altri regimi. Viene scelto questo regime perchè tendezialmente è funzionale ai nuovi imprenditori perchè di solito uno ha pochi guadagni all'inizio, ed entra piano nel meccanismo (gli si toglie il problema dell'iva e degli studi di settore) e di solito non interessa che si perdi le detrazioni legate alla famiglia (visto che la gente non si sposa più o si sposa tardi) e delle spese mediche (di solito un giovane non ha tante spese di questo genere)... purtroppo il limite di 15000 euro in beni strumentali in 3 anni non permette di potersi comprare o intestare una macchina aziendale (quindi ti precludi le spese dei carburanti) e soprattutto i costi relativi all'affitto (non esistono affitti da 5000 euro l'anno, ovvero 15000/3 anni).

Gli altri regimi però non se la cavano meglio (caso clamoroso: comprò un immobile e lo ammortizzo al 3%... vuol dire che il costo sarà spalmato per più di 30 anni!!). Non dico che sia una cosa insensata, ma che ci vorrebbero delle agevolazioni su chi inizia l'attività (es. i primi due anni non paghi irpef e inps).

martedì 28 giugno 2011

Rifiutati

Oggi vi voglio riportare due interviste uscite sulla nazione qualche giorno fa sulla situazione dell'immondizia a Napoli.

"C'E' UN SUD ONESTO, AIUTATECI.
Caro Canè, ho letto il commento (significativamente titolato "Non meritate quell'aiuto") che ieri ha dedicato alla gravissima situazione rifiuti a Napoli e a quanto da me scritto il giorno prima su questo giornale.

Mi preme dire soltanto una cosa: ha perfettamente ragione quando scrive che il problema è nostro e ce lo dobbbiamo "piangere" noi. Ma il mio appello agli italiani non era di prendersi la nostra immondizia, era di sostenerci moralmente, di fare "qualcosa" che io stesso non saprei indicare, di chiedere la solidarietà degli intellettuali, che qui da noi c'è fino a un certo punto (essendo quasi tutta la nostra inteligenza legata alla sinistra).

Se avessi supplicato il Veneto, la Lombardia, l'Emilia, la Sicilia, insomma tutta Italia, di prendersi una parte della nostra monnezza, avrei comunque dato per scontato che sarebbe dovuta intervenire la politica.

Nel pezzo, invece, prendo le distanze dalla politica, mi rivolgo agli italiani "comuni": scendete in campo per noi, per la gente onesta e civile di Napoli che non ne può più. Gridate con noi. Ribadisco: Aiutateci!"

"PRIMA RIMBOCCATEVI LE MANICHE.
Caro Maestro, se la butta sul sentimentale, mi mette in difficoltà.

Noi stimiamo Lei, amiamo Napoli, ci sono simpatici i napoletani. Ma tutto questo non serve a smaltire i rifiuti.

Un compito che spetta alla politica. E nel caso della sua città, la politica ha fallito. Ma la politica, caro maestro, non viene da Marte, non sono sono altri: siete voi.

Li avete eletti voi, voi gente onesta e civile, i sindaci e i consiglieri comunali. Non è stata la camorra a imporvi Bassolino e la Iervolino per più mandati, per decenni.

Allora, non prendete le distanze dalla politica. Prendetela dai cattivi politici che voi stessi avete scelto e confermato nonostante avvessero dimostrato di non saper risolvere i problemi. Dunque, per quel che mi riguarda, in campo non scenderò, e non prenderò neppure la pala per ripulire le vostre strade.

Il sostegno morale non vi mancherà, ovvio. E certamente, in qualche modo, continuerà a arrivare anche quello materiale, nonostante i veti leghisti.

E' l'ora, però, che incominciate a rimboccarvi le maniche, a prendervi le vostre responsabilità. E, ovviamente, anche la vostra immondizia".

giovedì 23 giugno 2011

mercoledì 15 giugno 2011

Parentopoli 3: Viva il risparmio!

Continua la mia incursione nel ginepraio degli uffici comunali e in particolare in quelli dell’Anagrafe ed elettorale.

Tutto era iniziato con il mio comunicato sulla cosiddetta “parentopoli” e cioè con la famigerata delibera del 21.10.2010 contro il nepotismo che non aveva prodotto alcun cambiamento, contrariamente a quanto affermato dall’Amministrazione, se non per un unico trasferimento. Ma qualcuno ci darà una risposta?

In seconda battuta, con il mio comunicato “parentopoli 2” ho dichiarato che non si doveva contestare solo i casi di diretta subordinazione tra affini, parenti ecc., oggetto della delibera, ma anche un disinvolto modo di procedere con le assunzioni che guarda caso privilegia parenti, amici, congiunti e ho annunciato che si intendeva sopprimere il servizio gestione demografica.

Ora c’è la terza fase, in cui la riorganizzazione prevista diventa operativa: l’U.O. elettorale, anagrafe e stato civile, viene raggruppato nel servizio di segreteria generale che a questo punto potrebbe andare in tilt visto il carico di lavoro.

L’U.O. Toponomastica” viene attribuita al Servizio Lavori Pubblici; l’Ufficio comunale del Censimento è attribuito invece al Servizio Sviluppo Economico.

Il dirigente dell’ex Servizio Gestioni Demografiche viene assegnato, con conseguente riduzione dello stipendio, ad un nuovo non meglio identificato servizio di studio e ricerca, per la cui definizione ci sono volute ben ventitrè righe nel relativo decreto. La riorganizzazione dovrebbe produrre un risparmio che a mio avviso è invece molto improbabile perché se da un lato si diminuiscono delle indennità a dirigenti artatamente spostati, dall’altro, succederà il contrario. Una riorganizzazione a mio parere strumentale e priva di razionalità.

Inoltre se si considera che siamo in pieno referendum, si capisce come tutto ciò comporti notevoli disagi nell’ufficio preposto, che si trova privo di dirigente. Ex dirigenti che vanno e vengono, e attribuzioni di incarichi a persone che hanno una qualifica diversa da quella appropriata e che saranno in affanno a gestire il problematico procedimento elettorale.

Sarà inoltre interessante sapere quanto straordinario verrà reclamato più o meno legittimamente a partire dal 14 aprile in poi , non solo dai dipendenti, ma dalla polizia municipale, dal Sed ecc.

E chissà se la brillante idea dell’assessore Niccolai, che i presidenti di seggio provvedessero a recuperare da sé con mezzi propri, il materiale comprese le schede per il seggio di loro competenza, è stata realizzata. Niente più il mezzo del cantiere comunale che per l’occasione viaggia con la scorta. Ma i presidenti l’avrebbero accettato e fatto gratis? E quale garanzia di legittimità e controllo anti frode ci sarebbe stata ?

Daniela Simionato

domenica 5 giugno 2011

venerdì 20 maggio 2011

Parentopoli 2

Riporto un comunicato stampa di Daniela Simionato che è apparsa sui giornali in questi giorni

"Dopo il mio comunicato, apparso sulla stampa locale, intitolato “Parentopoli” in cui lamentavo il fatto che nonostante la delibera di Giunta del 21.10.2010, contro il nepotismo, nulla era cambiato rispetto alle situazioni conosciute di parentela, affinità e convivenza, non ho ricevuto alcuna risposta. Il Sindaco durante un CC, parlando di tutt’altro, vi accennò dicendo che non era vero.

Purtroppo non è così, infatti c’è stato un solo trasferimento, tanto da far sembrare la delibera strumentale. Ci sarebbe poi da contestare non solo i casi di diretta subordinazione tra affini, parenti ecc. oggetto della delibera, ma anche un disinvolto modo di procedere con le assunzioni che guarda caso privilegiano parenti e amici, congiunti.

Nel frattempo, sento dire che sarà soppresso il servizio gestione demografica, e che ci sarà una riorganizzazione dell’U.O. elettorale, anagrafe e stato civile, raggruppando il tutto nel servizio di segreteria generale che a questo punto potrebbe andare in tilt visto il carico di lavoro.

Ora, se lo scopo della ristrutturazione fosse il risparmio, sarebbe buona cosa, purché però la stessa fosse fatta con criterio. Ma sembra proprio che lo scopo non sia questo.

Si spieghi infatti perché tempo fa si spesero circa 200.000 € per mandare in pensione alcuni dirigenti e “risparmiare” e poi ci siano state assunzioni, e addirittura si voglia bandire un concorso per assumere un dirigente.

E ancora, perché trasferire un dirigente a un ufficio in cui non ce n’è bisogno, quando potrebbe essere utile in quello in cui già è o in un altro dove oggettivamente c’è più lavoro?

Francamente sarebbe interessante capire che tipo di risparmio è e qual è la ratio che sta dietro a queste manovre."

lunedì 9 maggio 2011

Chi fa da sè fa per tre!!

Riporto un articolo che ho letto in questi giorni che parla di come una singola persona in molti casi sia più forte di un'organizzazione di persone... lo riporto perchè mi sembrava un articolo carino ed interessante da leggere.

"Anche gli eventi più traumatici, le situazioni più problematiche, le sfide più difficili... raramente danneggiano DAVVERO un individuo. Certo, possono ferirlo... possono farlo star male, ma difficilmente causano un danno permanente.

Le persone possono sopravvivere ai più devastanti disastri naturali e mantenere un equilibrio mentale quasi inalterato. E riprendersi presto. Ma le relazioni possono essere distrutte da una sola, singola parola... da una unica azione, o da una unica non azione. E questo ha delle implicazioni importanti sulle e nelle organizzazioni di persone, e negli ambienti di lavoro. Soprattutto nelle piccole organizzazioni.
Ed infatti molte piccole società falliscono a causa di relazioni che non vanno più bene tra i soci.

Di solito è condivisa tra le persone l'idea di percepire i propri simili come 'fragili', e questo porta a considerare persone che hanno avuto un'esperienza traumatica come se fossero una specie di 'oggetti danneggiati', che non funzionano più bene.

E semplicemente... non è così. Non è che magari non soffrano, ma spesso non 'funzionano' molto peggio di come funzionavano prima. Le persone sono molto più forti delle organizzazioni.
Ed il motivo per cui non riconosciamo la vulnerabilità e la fragilità intrinseca delle organizzazioni è che difficilmente ci rendiamo conto che le RELAZIONI che costituiscono una organizzazione sono REALI. Sono quasi... solide, cose esistenti e con una propria identità.

Anche persone esperte di dinamiche dei gruppi o lavorativa spesso tendono a considerare una organizzazione più come una unione di persone che altro.
Ma le relazioni, i collegamenti che costituiscono l'organizzazione sono assolutamente reali ed hanno una vita propria.
E determinano in grande misura quello che sarà il comportamento ed il carattere della struttura... e il comportamento delle persone che fanno l'organizzazione.

Vale la pena di dedicarci delle attenzioni :)"

domenica 8 maggio 2011

Preghiere on demand

Vedo che ancora continuano sulla stampa locale gli strascichi sulla vicenda della “preghiera modificata”: via Gesù e al suo posto Dio. Non ero intervenuta subito nella polemica proprio per evitare strumentalizzazioni, ma francamente mi sento spinta a farlo dopo aver letto il commento del Vicario. Una risposta che a dir poco mi ha sorpreso. Non credo che la maestra con la sua scelta avesse in mente la Trinità, evocata dal Vicario probabilmente per minimizzare e per mettere tutti d’accordo. Perché allora visto che Gesù è Dio ed è anche Spirito Santo, non ha sostituito la parola Dio con Spirito Santo? Chissà, avrebbe incontrato ancor più il favore dei non cattolici.

A quando le preghiere con dei puntini da riempire come meglio si crede?
Il problema non è tanto nella scelta, secondo me sbagliata e ridicola della maestra, ma nel fatto che ormai stiamo veramente perdendo il senso delle cose, del ridicolo appunto, e in primis della fede che deve essere comoda e ruffiana con lieto fine.

Questo piccolo avvenimento ha prodotto un risultato che è la dimostrazione di come sia sempre più diffusa la concezione miope e distorta della laicità.
Una visione secondo la quale fare esplicito riferimento alla nostra religione significa per ciò stesso essere intolleranti, creare discriminazioni.

Piaccia o meno, bisogna prender atto che ci sono due pesi e due misure.

Come ho già scritto in occasione dell’assassinio del ministro pachistano Bhatti che si era fortemente battuto a difesa di Asia Bibi, la cui vicenda ha avuto scarsissima risonanza al confronto di quella di Sakineh: quei mezzi di comunicazione, così solerti di fronte a qualsiasi problema, come mai sono così silenziosi quando le vicende riguardano i cristiani?

Non una parola sulla discriminazione dei cristiani! Anziché gridare il proprio sdegno e la propria condanna, si sta zitti !
Non vergogniamoci delle nostre radici giudaico-cristiane e abbiamo il coraggio di scegliere se recuperare la fede nei nostri valori non negoziabili oppure scendere lungo la china del relativismo , del buonismo e della propaganda politicamente corretta.

Daniela Simionato

martedì 3 maggio 2011

Accontentarsi oppure no?

In questi giorni (soprattuto dopo l'ennesima festa... ovvero la notte bianca di Firenze) mi ronza nella testa una domanda: devo iniziare ad accontentarmi di quello che sto vivendo oppure devo pretendere qualcosa di più?

Tutto gira intorno secondo me ad un'altra domanda di difficile risposta: sto "vivendo" bene o male la mia vita? Ho quello che posso avere o no? Posso migliorare o no? ... o ancora più semplicemente: sto andando per la strada giusta o meno?

Come molti sanno, io sono sempre stato per molto tempo (e lo sono ancora in molti casi) un abitudinario, ma chi si adagia troppo sulla sua "zona di confort" non può crescere... ma la domanda che sorge è: e se la mia "zona" è già la migliore? Difficile saperlo.

Per saperlo bisognerebbe aprirsi in altre cose, in modo da avere dei "dati" per poter fare un confronto tra due stili di vita... ma come si dice, il problema è che chi lascia la via vecchia per quella nuova, sa cosa lascia ma non sa quel che trova!!

Visto che siamo entrati in questo ambito (sviluppo personale), voglio riportare un filmato di un famoso personaggio di questo campo, ovvero Anthony Robbins.


"LA VITA CI RIPAGA CON QUALSIASI SOMMA ABBIAMO CAPACITA' E CORAGGIO DI CHIEDERE"


Visto che ci siamo, ne approfitto mostrandovi i tre pilastri del successo secondo Anthony.

I° FOCUS E CHIAREZZA


II° MODELLI VINCENTI


III° RISOLVERE I CONFLITTI INTERIORI

mercoledì 27 aprile 2011

SOLUZIONE COOP

Invio qui di seguito comunicato apparso su alcuni quotidiani locali.

"Un supermercato, a Pistoia, al fine di tutelare la sicurezza dei propri clienti ha attivato un servizio di vigilanza privata nel proprio parcheggio adiacente.

Non è che quel parcheggio fosse pericoloso o che eventi criminosi avessero avuto luogo in quegli ambiti. Però quel parcheggio era diventato territorio controllato da extracomunitari che chiedevano insistentemente il carrello per ricavarne l'euro oppure proponevano, illegalmente, le loro mercanzie di incerta provenienza.

Sicuramente i clienti si saranno lamentati e l'intervento di presidio del parcheggio ha fatto svanire ogni forma di accattonaggio o commercio abusivo.

Questo importante supermercato ha agito nell'interesse proprio e della propria clientela, tutelando l'ordine e la legalità.

Ci complimentiamo con la COOP che per prima ha avuto il coraggio di intervenire su un terreno minato come questo.

La COOP si sa, è il braccio commerciale della sinistra istituzionale.

Speriamo che questa operazione sia di esempio anche a quei politici che non vanno al supermercato come non vanno in autobus e nemmeno prendono un treno regionale.
Solo chi i problemi li vive è in grado di porre loro un rimedio."

venerdì 22 aprile 2011

L'Eterno viaggio lirico di Simone Magli tra i premi e l'omaggio di Roberto Carifi

A piccoli ma costanti passi, uno dei più giovani poeti pistoiesi, Simone Magli, 26 anni, prosegue il suo viaggio letterario, e ha raccolto una delle più importanti soddisfazioni nello spazio che gli ha dedicato uno dei più grandi poeti contemporanei, Roberto Carifi, nel suo intervento su "Poesia 259", mensile internazionale di cultura poetica, nella sua rubrica "Per competenza". Qui Carifi fa riferimento al blog di Magli (www.simonemagli.blogspot.com) e definisce "Pensieri massime e riflessioni una magnifica perla, uno scrigno dove Simone contiene tutto il suo dolore".
E dove riporta alcuni versi "senz'amore la vita è una bottiglia di latta che rotola sulla riva, dove il sole non batte e il mare non si muove". "Ma si ricordi il nostro poeta - scrive Carifi rivolgendosi a Magli - che ha poco più di vent'anni, che dal dolore nasce la gioia, anzi la gioia nasce dal dolore".

E poi ci sono gli altri premi che in questi ultimi mesi Magli si è aggiudicato: secondo classificato, su 300 candidati, al primo premio letterario "Linda Scaburri", Comune di Castel Gabbiano, con la poesia "Eterno": "Camminerò al buio sui tuoi passi, fino a che non si volterà il tuo sorriso, a confermarmi che non è stato tutto vano". Terzo classificato alla VI edizione del premio di poesia "Calicanthus" (Tindari, Messina); segnalato alla sezione giovani del concorso "Gianandrea Gavazzeni", "Parole in-canto" di Città Alta (Bergamo), con la lirica "Il dolore bambino": "Non posso stare a guardare l'oceano che si contorce davanti ai miei occhi nudi e rimanere fermo come pietra viva, ad accettare gli schiaffi dei marosi, mentre un neonato se ne sta da solo sulla battigia, agitando le mani nel vuoto".

Infine Simone tiene moltissimo all'omaggio che gli è stato fatto dal Circolo Fotografico "Il Tempio" dove Raffaele Accarino gli ha dedicato decine di pagine nell'edizione stampata in occasione dei 150 dell'Unità d'Italia e che comprendono, oltre alla biografia, anche i tanti premi vinti, poesie e aforismi. "Il ragazzo si farà..." canta De Gregori di un piccolo calciatore, ma anche la poesia è un'arte che richiede coraggio.

lunedì 11 aprile 2011

Ma il problema dei precari si risolve con il posto fisso?

Parecchie migliaia di precari hanno sfilato ieri in 47 città italiane. Magliette gialle col punto esclamativo, uno slogan assai azzeccato ("il nostro tempo è adesso"), incidenti di poco rilievo a Padova e Napoli, quelli dell'opposizione tutti della partita. C'erano Bersani, la Bindi, il segretario della Cgil Susanna Camusso, Nicky Vendola, Damiano, le bandiere dell'Idv e quelle del Codacons. A Roma il Popolo Viola ha srotolato un tricolore di 60 metri.

Succederà qualcosa?
No. Le manifestazioni erano politiche e vanno lette come un momento della lotta a Berlusconi. Servono a ricordare il problema, che è sostanzialmente questo: l'Italia è un paese di vecchi, strutturato per tenere il più possibile alla larga i giovani, cioè per non favorire il ricambio. Quelli che possono scappano all'estero. Dato della Cgia di Mestre mostrano, per esempio, che il precariato è il 56% di tutta la forza lavoro meridionale (Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna) e si parla - immagino - del precariato misurabile, perchè poi al Sud imperversono lavoro nero e evasione fiscale. Un sistema dove tutto si tiene. I cortei di ieri hanno inalberato cartelli che non si possono non condividere.

Per esempio?
Soprattutto questo: "Basta privilegi, basta corruzione". Divertente anche il cartello issato da un giornalista: "4 euro a pezzo, vergogna gruppo Espresso". Il gruppo Espresso è quello che possiede Repubblica, il giornale schierato senza se e senza ma con i precari e contro Berlusconi. Non ho letto, però, neanche uno slogan contro le banche, le vere responsabili della crisi in cui ci troviamo e delle spaventose ricchezze accumulate da alcuni a danno di una massa di cittadini in tutto il mondo. L'aria generale - che si ricava dagli slogan e dai discorsi - è poi tremendamente semplificatrice. Si finge di ignorare che il padronato - cattivo per definizione - ha indotto i vari governi di destra e di sinistra a introdurre tutta una serie di contratti particolari per difendersi da un sistema rigidissimo e molto costoso. Una madre ha inalberato il cartello in cui racconta di suo figlio, ricercatore laureato con 110 e lode, che è stato costretto a fuggire a Londra dove gli danno, per il suo lavoro, 1500 euro al mese, mentre la paga media di un precario (dati Cgia) è di 1096 euro. Però a Londra o in America, nonostante la crisi, si passa da un luogo all'altro con notevole facilità, cioè il sistema è flessibile. Mentre la tendenza da noi è acchiappare un posto per sistemarsi a vita che non se ne parli più. Sto semplificando anch'io, naturalmente, e ci sono migliaia di casi che gridano vendetta. D'altra parte, a semplificazione, non si può rispondere che con una semplificazione.

Quale sarebbe la soluzione?
Non quella che si capisce dai discorsi della Camusso e di Cesare Damiano. Per esempio, Damiano: "Di fronte al dilagare del lavoro precario, tornano alla carica i cantori del superamento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o della modifica dell'articolo 41 della Costituzione, come se liberare il lavoro e l'impresa da vincoli e protezioni sociali rappresentasse la soluzione del problema (...). Quella che va combattuta è la persistente teoria, figlia di quel neoliberismo che ci ha condotti all'attuale situazione economica e sociale, che eleva a dio assoluto il mercato". Ma il mercato esiste, purtroppo, e non è eliminabile. Le racconto un caso che rappresenta il problema in tutta la sua drammaticità.

Sentiamo.
Alle Officine Automobilistiche di Grugliasco, dopo due anni di cassa e un passaggio in tribunale fallimentare, la Fiat ha proposto un investimento di 500 milioni e la commessa per la nuova Maserati. Contropartita: un accordo modello Mirafiori. In fabbrica il 70% degli operai è iscritto alla Fiom e la Fiom ha detto di no. La Fiat, se non cambia qualcosa, andrà a costruire le Maserati da un'altra parte.

Che esempio è?
Voglio solo dire che ci vuole una presa d'atto condivisa della situazione generale. Condivisa da tutti: governo, padroni e sindacati. Gli Stati Uniti si apprestano a tagliare 80 miliari di spesa pubblica, il Portogallo, in cambio di 80 miliardi di euro, sarà commissariato. La Spagna e le banche tedesche sono sull'orlo del tracollo. Il Terzo Mondo ci fa una concorrenza spietata. Che senso ha, in questa situazione, attaccare la riforma Gelmini e fingere di non sapere che la vecchia Università era una vergogna, e che la gran massa dei laureati prodotti dal sistema precedente sa fare poco o niente? Sa che c'è un comparto in Italia, che ha registrato un boom dell'occupazione, +40% (2010 sul 2007)? E sa che comparto è? Quello dei lavoratori stranieri. Gli slogan sono una bella cosa, ma non portano da nessuna parte.

Fonte: La Gazzetta Sportiva del 10/04/2011

mercoledì 30 marzo 2011

Föra da i bal

Con l'ennemisa frase colorita di Bossi, torno a scrivere su questo blog una riflessione che mi ronza nel cervello da giorni.

La riflessione è semplice da capire, forse più difficile da analizzare la sua veridicità (solo il tempo penso potrà dirlo).

Come molti sanno ultimamente è uscita la canzone di Caparezza "Goobye malinconia", che parla dell'italiano che più che rimanere in Italia se ne va all'estero, pur sempre con un po' di malinconia per alcune cose dove l'Italia ahimè un tempo primeggiava ed era ammirata dagli altri.

Questo discorso lo facevo anche prima su un'altra cosa più vicina "alle mie mani"... il denaro.

Come si vede nelle varie cronache, ogni tanto sbuca qualcuno di famoso che ha spostato i capitali all'estero, ha preso la residenza all'estero... e già dicevo che questo poteva scatenare una cosa un po' particolare: con la crisi, si ha una sorta di delocalizzazione del capitale e la ripresa si fa sempre più ardua. Mi spiego meglio: abbiamo il fenomeno che chi ha i soldi li fa uscire dall'Italia (quindi chi crea ancora ricchezza li porta fuori), gli altri, che magari stanno diventando sempre più poveri, rimangono a "casa"... e facendo due somme il paese perde ricchezza (soprattutto quei paesi dove c'è grande pressione fiscale).

La cosa è ancora di più aggravata con l'aumento di gente che non ne ha di soldi... e qui entra in campo il flusso degli immigrati in Italia.

Quindi potete capire lo scenario: l'Italia è in crisi, c'è sempre meno occupati ma sempre più gente da mantenere, ma chi ha i soldi se ne va, così tutto ricade sui "rimasti" che sono sempre più poveri. Una spirale difficile da interrompere, anche se come tutto c'è rimedio (sul quale non mi addentro).

Diciamo che l'espressione bossiniana esprime un concetto chiaro: non ci si fa più a mantenere altra gente (che tra l'altro odiano i cristiani)... un tempo ci si poteva permettere, ma adesso bisogna anche noi stringere la corda.

mercoledì 16 marzo 2011

Grazie ragazzi!!

Mamma mia quanto sono contento per ieri sera… grazie alla pazza Inter

Negli ultimi anni l’Inter mi ha dato grandi gioie (fino ad arrivare con l’anno scorso al “triplette”), e quest’anno pensavo di dover “tornare sulla terra”, nonostante la supercoppa italiana (vinta con una Roma fuori forma) e il mondiale per club (ormai un torneo dilettantistico per le squadre europee).

E invece abbiamo visto l’ennesima impresa della squadra, che ieri sera “ha fatto gioire i suoi tifosi come nella finale di Madrid” (commento di Caressa che condivido a pieno).

Partita che andrà nella storia perché difficilmente ripetibile (quasi nessuno in passato aveva passato il turno perdendo la prima partita in casa).

Nonostante tutto, l’Inter potrebbe anche non vincere nessun altro trofeo, ma siamo coscienti che la gara di ieri sarà l’ennesima partita che rimarrà nella storia del calcio!!

Grazie ragazzi!!

lunedì 14 marzo 2011

La triste felicità

Eccomi di nuovo a scrivere per sfogare un po' la voce interiore che vorrebbe esplodere con le sue farneticazioni, ma che è frenata dal mio carattere e, quindi, al posto di tartassare le vostre orecchie, torturo i vostri occhi :).

Partiamo come sempre dall'evento: cena e ballata all'Otel.

Questo potrebbe essere una buona base per essere contenti, ma come ormai mi succede più frequentemente, ogni volta che voglio divertirmi non ce la faccio (o almeno penso sia così).

Perchè dico questo? Bene: di solito quando siamo fuori a mangiare con gli amici e si va a ballare uno si diverte, ma a me questo succede solo a momenti e a tratti.

A questo giro diciamo che si era un buon numero, ma mancavano le persone che dovevano dare spettacolo, quindi già vado un po' con il freno tirato, ma comunque cerco di farmene una ragione e mi do all'alcol per lasciarmi un po' andare.

Raggiungo un buon livello etilico che mi permette di essere abbastanza in forze per il proseguo della serata, nonostante le stanchezze accumulate nei giorni precedenti... opto per la bevuta aggiuntiva del dopo cena per la sferzata definitiva, ma arrivano le mazzate (poi "curate") del prezzo della consumazione (che aggiungendosi al prezzo della cena diventa un incudine).

Ho detto che il livello etilico era buono e, provvidenza ha voluto, che non andassi oltre... infatti mi cade a terra dopo uno scontro fortuito (molto probabilmente la bevuta mi sarebbe durata quasi tutta la sera, visto che ero arrivato ad un livello che sentivo era troppo al limite).

Di solito con alcol e compagnia giusta, ti dai alle danze e magari al baccagliamento sfrenato (in alternativa o in concomitanza al divertimento in compagnia)... ovviamente non sono riuscito a pieno (o per niente) nelle delle due cose; ma quello che mi chiedo è questo: mi sto veramente divertendo come gli altri (qualsiasi cosa faccia)?

Ho sempre l'impressione di essere fuori luogo, di essere diverso dagli altri, di essere l'oggetto estraneo nel contesto... ma di solito il diverso appare, mentre io no, quindi forse non sono così diverso, ma allora perchè mi sento estraneo al tutto?

E' possibile che gli altri bevono e sono al massimo della contentezza, mentre quando bevo io mi entra un senso di depressione angosciante (stile Leopardi)?

Inoltre non riesco mai a sentirmi a mio agio quando c'è tanta gente... forse è questione di abitudine, visto che caratterialmente non sono uno così tanto socievole.

Questa è la mia triste felicità... e aggiungo felicità perchè comunque è stata una serata diversa e migliore rispetto all'alternativa che avevo, ovvero guardare la juve e andare a letto alle 11.30; aggiungo anche che anche tutti i postumi che ho avuto (stomaco in sobbuglio e stanchezza lancinante) ce li hanno avuti anche gli altri... quindi tuttosommato non sono così diverso da quello che penso.

PS: scusate come sempre il mio italiano, d'altronde sono un matematico-ragioniere.

domenica 13 marzo 2011

mercoledì 2 marzo 2011

Geniale come sempre

Anche a questo giro Vauro ha dato spettacolo... la sua entrata in scena è stata una delle migliori!!

martedì 1 marzo 2011

Il potere della seduzione inconscia

Quello che riporto in questo post permette di imparare delle strategie di comunicazione che la PNL definisce “ipnotica” (per chi non conosce la PNL troverà molto su internet... in due parole si tratta della programmazione neuro-linguistica).

In questo post in particolare riporto come usarla per sedurre una donna.

E’ importante imparare a memoria determinati schemi linguistici e fare proprie determinate dinamiche.

Sono dinamiche molto potenti che, una volta imparate, permettanno di amplificare incredibilmente la capacità di attrarre chiunque si voglia.

Questo metodo funziona perché bypassa tutte le resistenze consce della donna e va a parlare direttamente alla sua parte inconscia, emozionale, irrazionale.

Le resistenze razionali possono essere di diverso tipo. A volte ci sono donne che ti dicono che non sei il loro tipo, che non corrispondi alle loro caratteristiche, che hanno regole rigide su cosa fare e cosa non fare al primo appuntamento, ecc.

Non importa cosa, come o perché. Nel momento in cui riesci a entrare in contatto con la sua parte emozionale e quindi a parlare al suo inconscio, gran parte di queste resistenze vanno a quel paese.

RICORDA: fai in modo che una donna crei nella sua mente l’immagine di voi due che avete una “qualsiasi relazione” e lei farà in modo che questa cosa si avveri.

E' possibile che non crediate a una sola parola di quanto dico. Nessun problema. E’ normale, è giusto, semplicemente perché certe conoscenze prima non le avevi. Non chiedo di credermi, solo, sperimenta e divertiti nel farlo. Datti la possibilità di diventare abile e rimarrai stupito di quanto potere riuscirai a esercitare.

Imparando queste metodologie vi renderete conto che il cosiddetto “colpo di fulmine” o parole come “chimica”, “empatia”, “energia”, non sono frutto del caso ma si possono creare tutte le volte che vuoi, con chiunque tu voglia.

Il segreto di tutto, lo ripeto, è bypassare la parte conscia e parlare direttamente alla parte inconscia, irrazionale, emotiva di chi hai di fronte.

Non ti spiego qui le differenze tra il cervello maschile e quello femminile. Ti basti sapere che uomini e donne usano in modo differente le loro capacità cerebrali per il semplice motivo che siamo strutturati in modo diverso.

La donna è molto più “emozionale” dell’uomo. Ecco perché quello che andiamo a toccare con queste tecniche è la sua parte emotiva.

E questo avviene spesso, se tocchi le corde giuste:
“Mi viene in mente la prima volta che ho letto in un libro determinate cose… All’inizio sono partito un po’ scettico, riguardo a quanto stavo leggendo. Io, razionale e logico come pochi, pensavo che certe cose fossero solo parole scritte su carta e che non avrebbero mai funzionato nella realtà. Mi si chiedeva di continuare a leggere e, nel farlo, di notare quali sensazioni avrei provato da lì in poi… e mentre leggevo, c’erano domande e risposte che passando nella mia mente mi rendevano sempre più curioso… e una vocina che mi diceva “continua… continua… ” e prendevo consapevolezza in un istante che le sensazioni non erano solo di curiosità e quello che notavo mi faceva stare lì con gli occhi fissi su quanto c’era scritto… e potevo distinguere quanto nere sono le parole che sto leggendo e quanto è brillante il bianco della pagina… e il mio respiro cambiava… rallentava… e i miei occhi, e la mia testa, piano piano… cominciavano a farsi più pesanti… mentre continuavo a leggere…”

Ok, lascia che vi spieghi cosa è appena successo.

Se avete letto bene quanto scritto sopra, avete esattamente fatto ciò che indirettamente ho detto di fare.

Avete provato sensazioni, avete notato il nero delle parole e la brillantezza della pagina. Il vostro respiro è cambiato da quando avete iniziato a leggere e i vostri occhi e la vostra testa hanno cominciato a farsi più pesanti.

Semplicemente avete provato esattamente ciò che io volevo che voi provaste.

Eppure, e questa è la parte più importante da capire, non avete ricevuto nessun ordine o comando diretto da parte mia. Non vi ho intimato di fare quelle cose. Se lo avessi fatto probabilmente non avrebbe funzionato o non sarebbe stato così efficace.

Cos’ho fatto quindi?

VI HO RACCONTATO UNA STORIA CHE PARLAVA DI QUALCUN ALTRO (in questo caso di me), E IL SOLO MODO CHE AVEVEVATE PER CAPIRE QUELLA STORIA ERA DI IMMEDESIMARVI (quindi provare) NELLA STORIA STESSA.

Questo è lo stesso principio che potete utilizzare quando volete creare emozioni, sensazioni, e quindi attrazione in una donna.

Se le dite “voglio che in questo momento tu ti senta attratta da me” è molto probabile che non funzionerà…

Ma se la stessa cosa viene inserita all’interno di una storia, il risultato cambia.

Dopo che vi siete conosciuti, presentati e rotto il ghiaccio prenditi 5 minuti per raccontarle una storia di questo tipo:
“L’altro giorno ho visto un curioso programma in televisione. Parlava di “attrazione immediata tra 2 persone (indica lei e te mentre dici questo: si chiama ancoraggio). Spiegava che l’attrazione è un fatto interiore… (ora abbassa il tono della tua voce, in modo da farla avvicinare per poterti sentire e guardala negli occhi, preferendo il suo occhio sinistro) quando sei attratta da qualcuno puoi sentire una sensazione all’interno del tuo corpo… esattamente come un flusso di energia… questa sensazione cambia il tuo respiro e… nel momento in cui ti concentri su quello che stai provando… nota come oltre al respiro ci sono altre emozioni positive che stanno nascendo… aumentando… il ritmo dei battiti del tuo cuore aumenta… e (rifai delicatamente il gesto di indicare te e lei: riaccendi l’ancoraggio) quando anche chi è davanti a te vive la stessa cosa… nello stesso modo… allo stesso livello… senti come quel magnetismo che vi attrae è sempre
più forte…”

Ora… vi garantisco che, nel momento in cui prendi confidenza con questo genere di comunicazione e la fate vostra, rimarrete letteralmente strabiliato dai risultati che otterrate con LEI. E’ come se VOI foste una calamita vivente.

Lascia che vi dia un minimo di “spiegazione tecnica”.
Se siete esperti di PNL sapete bene quali meccanismi ho utilizzato in questa frase: Presupposizioni, comandi nascosti, ancoraggi, cancellazioni, ecc.

Se non lo siete ancora, non c’è problema.

Per il momento vi basti sapere cos’è l’ancoraggio, una delle “carte” più potenti da poterti giocare. Basato sugli studi di Pavlov all’inizio del secolo scorso, è letteralmente una neuro-associazione. Un rapporto Stimolo-Risposta.

In pratica, quando una persona prova un’emozione (più intensa è, meglio è), qualsiasi gesto, tocco o parola venga fatto in quel momento, “ancorerà” la persona a quell’emozione. E, successivamente basterà rifare quel gesto/tocco/parola nello stesso identico modo per ricreare istantaneamente in lei la stessa emozione.

Non è nulla di logico e/o razionale è una risposta irrazionale, emotiva della nostra mente.

Un esempio: se siete in macchina e alla radio danno una canzone che per voi ha un significato particolare (ad esempio una canzone che ascoltavate in vacanza 10 anni fa), immediatamente la vostra mente ricorderà quella vacanza e riproverete le stesse emozioni, ricorderai immagini di 10 anni prima.

Fonte: Andrea Favaretto "Diventa un asso di cuori"

lunedì 28 febbraio 2011

Rinascita

"Mi sveglio ogni giorno con un senso di inadeguatezza, con la consapevolezza di vivere giornate tutte uguali.
La noia la fa da padrona e mi sento solo.
Cammino per la città con l'idea che nulla può cambiare.
Guardo le coppiette con l'amaro in bocca aspettando una via d'uscita da questa sensazione di dolore diffusa.
Mi sembra di vivere una vita alternativa, che non mi appartiene, desiderando quello che hanno gli altri, forse solo un sorriso o la felicità di un attimo.
Il mal di testa è una costante, un compagno fedele che mi accompagna da anni ormai.
Non ricordo neanche più la prima volta che è comparso.
La sua intensità non cambia mai, e sopraggiunge all'improvviso senza seguire uno schema preciso.
Il suo ricordo è forte, debilitante.
La sensazione mi porta ad allontanare TUTTI".

Quante volte vi siete sentiti in questo modo?

Bene, questo spaccato reale della mia vita ha determinato la ricerca del "Cambiamento".

La scoperta di un prima e un dopo in cui tutto era piacevole e dove tutto scorreva nella spensieratezza senza prendermi mai troppo sul serio.

Come una sequenza casuale di eventi posso definire questa coscienza del dolore come la risposta del mio corpo ad una realtà scomoda. Il mio corpo mi manda segnali chiari che io non riesco a capire.

Ma andiamo ad analizzare cosa stava accadendo.

In una nomale sequenza temporale, il prima e il dopo per me erano la stessa cosa. Non si poteva quindi parlare di prima o dopo ma solo di fatti assoluti.

Il cervello lavora allo stesso modo di un PC. La condizione neutra (senza dolore) il mio cervello la trasmetteva tramite impulsi positivi indicati con un 1 (codice binario) e con uno 0 per indicare il dolore sotto forma di impulsi negativi. La sequenza potrebbe essere analizzata come un "1 0 1 0 1 0 1 0 1 0".

Il cambiamento apparente determinato dalla condizione di passaggio da una condizione all'altra è dovuta al cambio degli stimoli ricevuti dal cervello. Il problema era come far tornare la soglia di dolore che si percepisce a 1 (forma neutra).

Ecco che si manifesta l'esigenza di utilizzare dei farmaci antidolorifici.Il risultato ricercato era un qualcosa che mi permetteva di rilassarmi e di non pensare ai problemi. Ma questa soluzione col tempo non porta risultati e la soglia 1che il cervello percepisce rigetta le medicine. Il cervello non riconoscendo più la fase neutra non permette di portarti più alla soglia senza dolore (Non vi capita mai di avvertire la sensazione che le medicine non hanno più effetto?).

Cosa è successo? Il cervello ha eliminato "apparentemente" gli stimoli precedenti che realmente non erano mai esistiti, così come non erano mai esistiti quelli sucessivi.

La conseguenza di tutto ciò porta uno stato emotivo diffuso di insofferenza (Col tempo può trasformarsi in depressione). A questo punto ci si ritrova come in compartimenti stagni dove la rappresentazione di un modo di pensare, di una mentalità, non ha nessun senso logico. Da qui Nasce la Consapevolezza della "RINASCITA" e del Cambiamento.

Se le sofferenze percepite riscono a trovare la via per far partire quel motore assopito non potete che uscirne.

Il cervello come una scatola nera è difficile da capire e ascoltare ma in aiuto il corpo continua per la sua strada emettendo segnali diretti che ti portano alla soluzione.

Il cambiamento nasce come una condizione necessaria che a differenza di prima viene rappresentata come una sequenza numerica nuova in cui il dolore interviene invece come un punto di domanda.

Ecco che gli input del cervello trasmessi dagli eventi interni ed esterni sarano rappresentati così: ? 1 2 3 ? 4 5 ? 6 ? 7 ? 8 9 10 ? "Cambiamento = Crescita " Come indica molto bene la sequenza.

La monotonia dei segnali precedenti vengono sostituiti dal vostro io con informazioni nuove stimolando questo disegno di nuove possibilità. La rinascita è in atto e il dolore viene sostituito con domande che trovano conferme e risposte.

La prima domanda è sempre quella che mette in moto il cambiamento ed è la "CONSAPEVOLEZZA DI AVERE UN PROBLEMA".

La rinascita e l'eliminazione di quel "?" porta inetavilmente ad una situazione nuova di armonia, ottimismo e positività.

Fonte: http://www.progettoseduzione.it/

lunedì 14 febbraio 2011

L'economia secondo me (3)

Rieccomi... scusate se non ho subito continuato il tocca-pensiero ma non sono stato tanto bene in questi giorni.

Chiudo con oggi l'ultimo capitolo della parentesi su cosa penso della situazione economica (e in parte sociale) di oggi.

Ho detto nel primo pezzo che secondo me c'è già troppa gente che lavora; questa conclusione l'ho tirata fuori dal fatto che se prima lavoravano soltanto gli uomini, ora lavorano sia gli uomini che le donne.

E questo ha provocato più cose che sono socialmente rilevanti: meno matrimoni (più stress, meno possibilità di incontri...), più separazioni (più o meno con i soliti motivi detti prima), meno figli (idem)...

Quindi secondo me il rimedio è che qualcuno comunque rimanga a casa... so che sto farneticando e sono molto superficiale (uno stipendio solo non ce la fa più a tirare la carretta), ma di sicuro va trovato un nuovo equilibrio.

Quello che insegna l'economia è che l'ambiente muta continuamente e fino a che i vari soggetti che lo popolano non mutano verso il nuovo equilibrio ci sarà discrepanza tra il cosiddetto "involucro" e quello che ci sta dentro.

L'altra soluzione è quella che ho esposto nel secondo post, dove ognuno deve tirare avanti dando il meglio di sè, perchè difficilmente non va avanti chi sa fare le cose e ci è innovativo.

giovedì 10 febbraio 2011

L'economia secondo me (2)

Come sapete lavoro da un commercialista e sto vedendo questa cosa: le ditte che si stanno riprendendo meglio sono riuscite a fare utili nonostante la crisi grazie a due cose:
- ridimensionamento, ovvero si sono accontentati di ritornare "piccoli", ma con i soldi guadagnati sono pronti a ridiventare grandi in maniera adeguata, rispondendo ai bisogni del mercato;
- dandosi da fare garantendo un servizio/bene migliore agli acquirenti... e questo si nota molto bene: infatti stanno rimanendo sul mercato i migliori negozi che vendevano roba o di qualità o ad un prezzo vantaggioso.

Un esempio pistoiese? Prendete per esempio il panificio Ballati, che tutti i giorni e a tutte le ore se uno vuole comprare il pane ha almeno 5 persone davanti, per non parlare del sabato quando ne hai davanti anche 20!! Ma perchè? Qualità ottima del cibo che vendono e tanto lavoro.
Altro esempio mangereccio: Carmine non conosce crisi... se c'è da comprare un dolce si va lì perchè la roba costerà tanto, ma è di una qualità talmente alta che non si può fare a meno.
Altro esempio: "le chiavi d'oro" per avere gente ha inventato una volta la pizza a 1 euro e ora c'è il menù fifty-fifty, permettendoti di mangiare alcune cose a metà prezzo... il risultato è ovvio: doppio turno la sera della promozione (sempre tutto pieno dalle 8 fino a mezzanotte) che porta un guadagno assicurato.

Purtroppo capisco che sono sacrifici, ma d'altronde non si può fare altrimenti... purtroppo la gente aveva fatto il passo più lungo della gamba e si è ritrovata con i debiti e ciò significa una sola cosa: non comprare più niente almeno che non ne valga la pena. Bisogna soltanto aspettare che la gente ritorni al "suo passo" e ritrovi l'equilibrio perduto.

mercoledì 9 febbraio 2011

L'economia secondo me (1)

In questi giorni mi stanno venendo in mente varie ipotesi sul perchè c'è questa crisi, come mai la gente non trova lavoro (e chi ce l'ha, lo perde)... ma anche cose più in generale che portano a dire: "Come si è fatto ad arrivare fino a questo punto e come facciamo ad uscirne".

Nel farneticare sono arrivato ad una delle conclusioni che è collegata al mondo del lavoro (questa è una prima parte della mie teorie, le altre saranno snocciolate nei giorni prossimi).

Pensavo alla situazione delle famiglie di oggi: pochi matrimoni, pochi figli, tante separazioni... ad essa ho collegato la disoccupazione e sono arrivato ad una conclusione un po' "maschilista", ma che mi sembra che non faccia una grinza.

Quando tutto andava bene c'erano molte famiglie dove il padre lavorava, la madre stava a fare la mamma/moglie e i figlioli andavano a scuola.

Quadro che si è rilevato molto solido, ma che si è rotto quando ha iniziato la donna a darsi al lavoro extra-casalingo... non è che non ce ne fosse bisogno, ma questo ovviamente ha portato ad avere un aumento della gente impiegata nel lavoro (fino ad arrivare ad una saturazione).

Questo ha provocato varie conseguenze... e la prima di queste che viene fuori è: c'è troppa gente che lavora!!

Questa è una prima delle tante conclusioni a cui sono arrivato:
- il fatto che un disoccupato non trova lavoro è perchè c'è già tanta gente che lavora;
- il fatto che c'è gente che perde il lavoro è perchè c'è recessione, l'economia va male e, quindi, non c'è bisogno di tutti questi occupati.

Soluzione a questo problema? Forse sono troppo legato alle speranze, ma sono molto fiducioso della famosa "mano invisibile" che regola il mercato... lo squilibrio che si è creato troverà con il tempo un nuovo equilibrio.

Domani mi spiegherò meglio sul fatto di ritrovare l'equilibrio perduto...