Parecchie migliaia di precari hanno sfilato ieri in 47 città italiane. Magliette gialle col punto esclamativo, uno slogan assai azzeccato ("il nostro tempo è adesso"), incidenti di poco rilievo a Padova e Napoli, quelli dell'opposizione tutti della partita. C'erano Bersani, la Bindi, il segretario della Cgil Susanna Camusso, Nicky Vendola, Damiano, le bandiere dell'Idv e quelle del Codacons. A Roma il Popolo Viola ha srotolato un tricolore di 60 metri.
Succederà qualcosa?
No. Le manifestazioni erano politiche e vanno lette come un momento della lotta a Berlusconi. Servono a ricordare il problema, che è sostanzialmente questo: l'Italia è un paese di vecchi, strutturato per tenere il più possibile alla larga i giovani, cioè per non favorire il ricambio. Quelli che possono scappano all'estero. Dato della Cgia di Mestre mostrano, per esempio, che il precariato è il 56% di tutta la forza lavoro meridionale (Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna) e si parla - immagino - del precariato misurabile, perchè poi al Sud imperversono lavoro nero e evasione fiscale. Un sistema dove tutto si tiene. I cortei di ieri hanno inalberato cartelli che non si possono non condividere.
Per esempio?
Soprattutto questo: "Basta privilegi, basta corruzione". Divertente anche il cartello issato da un giornalista: "4 euro a pezzo, vergogna gruppo Espresso". Il gruppo Espresso è quello che possiede Repubblica, il giornale schierato senza se e senza ma con i precari e contro Berlusconi. Non ho letto, però, neanche uno slogan contro le banche, le vere responsabili della crisi in cui ci troviamo e delle spaventose ricchezze accumulate da alcuni a danno di una massa di cittadini in tutto il mondo. L'aria generale - che si ricava dagli slogan e dai discorsi - è poi tremendamente semplificatrice. Si finge di ignorare che il padronato - cattivo per definizione - ha indotto i vari governi di destra e di sinistra a introdurre tutta una serie di contratti particolari per difendersi da un sistema rigidissimo e molto costoso. Una madre ha inalberato il cartello in cui racconta di suo figlio, ricercatore laureato con 110 e lode, che è stato costretto a fuggire a Londra dove gli danno, per il suo lavoro, 1500 euro al mese, mentre la paga media di un precario (dati Cgia) è di 1096 euro. Però a Londra o in America, nonostante la crisi, si passa da un luogo all'altro con notevole facilità, cioè il sistema è flessibile. Mentre la tendenza da noi è acchiappare un posto per sistemarsi a vita che non se ne parli più. Sto semplificando anch'io, naturalmente, e ci sono migliaia di casi che gridano vendetta. D'altra parte, a semplificazione, non si può rispondere che con una semplificazione.
Quale sarebbe la soluzione?
Non quella che si capisce dai discorsi della Camusso e di Cesare Damiano. Per esempio, Damiano: "Di fronte al dilagare del lavoro precario, tornano alla carica i cantori del superamento dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori o della modifica dell'articolo 41 della Costituzione, come se liberare il lavoro e l'impresa da vincoli e protezioni sociali rappresentasse la soluzione del problema (...). Quella che va combattuta è la persistente teoria, figlia di quel neoliberismo che ci ha condotti all'attuale situazione economica e sociale, che eleva a dio assoluto il mercato". Ma il mercato esiste, purtroppo, e non è eliminabile. Le racconto un caso che rappresenta il problema in tutta la sua drammaticità.
Sentiamo.
Alle Officine Automobilistiche di Grugliasco, dopo due anni di cassa e un passaggio in tribunale fallimentare, la Fiat ha proposto un investimento di 500 milioni e la commessa per la nuova Maserati. Contropartita: un accordo modello Mirafiori. In fabbrica il 70% degli operai è iscritto alla Fiom e la Fiom ha detto di no. La Fiat, se non cambia qualcosa, andrà a costruire le Maserati da un'altra parte.
Che esempio è?
Voglio solo dire che ci vuole una presa d'atto condivisa della situazione generale. Condivisa da tutti: governo, padroni e sindacati. Gli Stati Uniti si apprestano a tagliare 80 miliari di spesa pubblica, il Portogallo, in cambio di 80 miliardi di euro, sarà commissariato. La Spagna e le banche tedesche sono sull'orlo del tracollo. Il Terzo Mondo ci fa una concorrenza spietata. Che senso ha, in questa situazione, attaccare la riforma Gelmini e fingere di non sapere che la vecchia Università era una vergogna, e che la gran massa dei laureati prodotti dal sistema precedente sa fare poco o niente? Sa che c'è un comparto in Italia, che ha registrato un boom dell'occupazione, +40% (2010 sul 2007)? E sa che comparto è? Quello dei lavoratori stranieri. Gli slogan sono una bella cosa, ma non portano da nessuna parte.
Fonte: La Gazzetta Sportiva del 10/04/2011