lunedì 10 settembre 2012

Il baratto a tavola

L’idea, a dire il vero, non è nuovissima. Anzi, è antica come l’uomo, sa di caverne e di clave: pagare un bene con un altro. Mele con pane, o il servigio di un Azzeccagarbugli qualsiasi con i quattro capponi di manzoniana memoria.


Baratto. Che in tempi di crisi può tornare d’attualità: lo rilancia come forma di moneta un ristorante fiorentino.

A dirla tutta, anche l’oste gigliato è stato bruciato sul tempo, ci aveva pensato una settimana fa un suo collega di Chicago. Però la primogenitura nostrana va riconosciuta ai titolare dell’osteria “L’è maiala”, colorita espressione popolana a significare un contesto negativo.

Nomen omen, insomma: e siccome la crisi porta via la gente dalle tavole imbandite, eccoti servita la formula simpatica e ruffiana, per la gioia di chi ha lanciato su facebook la pagina “quelli che vogliono il baratto come forma di pagamento”.

Quando si prenota, ci si accorda con il titolare sul bene da fornire per il pagamento: l’avviso sul web parla di primizie contadine, ma anche di artigianato locale, antiquariato e modernariato, oggetti di bricolage e di design. Il prezzo, a discrezione dell’oste.

Insomma, la tovaglia della nonna per una braciola. Problema: per un piatto al tartufo, dovrò sborsare un Ricasso? Nel dubbio, si accettano anche gli euro.